Idillio incrinato, ma senza scontro aperto, tra le banche e il governo. Nella mossa a sorpresa via decreto e senza consultazione della tassa sugli extraprofitti gli istituti di credito leggono un gesto ostile. Che suscita rabbia, anche se nessuno esce allo scoperto: la linea è quella di lavorare agli aggiustamenti possibili in fase di conversione del decreto. E mentre sono al lavoro i pontieri per cercare se non di ricucire, di ricondurre le relazioni a un livello di collaborazione, sulla misura arriva la bocciatura delle agenzie di rating e l'allarme sul rischio che venga minata la reputazione del paese. Ma il governo tira dritto. "Andiamo avanti", dice il vicepremier Matteo Salvini. "Non siamo in Urss, sono un liberale", puntualizza, ma è "giusto" dare ai risparmiatori una "piccola parte dei guadagni miliardari" delle banche. Una prima valutazione sulla nuova tassa l'ha fatta il comitato di presidenza dell'Abi, che si è riunito in mattinata per fare il punto sulla situazione. Un primo giro di tavolo, con i partecipanti collegati da remoto, per passare in rassegna i contenuti della norma e i suoi primi effetti, con 9 miliardi di capitalizzazione bruciati in Borsa all'indomani dell'annuncio e 4 recuperati nel rimbalzo di ieri. L'incontro si è concluso senza alcuna dichiarazione ufficiale: si vuole prima approfondire il testo. Il decreto intanto, firmato da Mattarella, è stato pubblicato in serata sulla Gazzetta Ufficiale. Il mood che si respira tra i banchieri è tutt'altro che tranquillo. Anche se comunque la misura avrà un impatto diverso a seconda della natura delle banche e delle loro dimensioni. Ma certamente non è stata gradita la modalità scelta: via decreto, a sorpresa e senza consultazione, proprio da quell'esecutivo che aveva detto di voler risolvere i nodi attraverso tavoli ad hoc, come fatto sul pos. La strategia su cui si starebbe ragionando è di cercare di ammorbidire il provvedimento in sede di conversione, specie per attutire l'impatto sugli impieghi già in deciso calo per la minor domanda e per le condizioni di offerta più severe. Intanto la misura finisce sotto i riflettori internazionali.
La relazione tecnica al decreto omnibus su asset e investimenti riconosce un effetto positivo per le casse dello Stato dagli extraprofiti ma non dà alcun numero sul gettito potenziale. "Dal punto di vista strettamente finanziario, - si legge - la disposizione determina effetti positivi in termini di entrate prudenzialmente non stimati".
La nuova tassa "è credit negative" per il settore, avvertono gli analisti di Moody's. Che ne evidenziano l'effetto negativo per gli istituti: secondo i calcoli proforma su cinque banche che rappresentano oltre il 60% del margine di interesse del sistema (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Bper, Banco Bpm e Mps) "ridurrà sensibilmente il loro reddito netto", con un peso di "circa il 15% dell'utile netto 2022 del sistema". Per Fitch intaccherà la redditività delle banche, ma senza comportare un abbassamento del rating. Ma c'è anche il rischio che il contraccolpo abbia dimensioni più estese. "La Robin Hood tax danneggia la reputazione dell'Italia", titola il Financial Times. E mentre la presidente di Banca Etica lancia l'allarme sul rischio che la tassa provochi "un ulteriore credit crunch", il presidente dell'Acri Francesco Profumo esprime timori per i dividendi delle fondazioni. Preoccupate anche le opposizioni, con Calenda che prevede un aumento delle commissioni. Mentre da dentro la maggioranza Fi promette correzioni in Parlamento.
In questa dialettica tra il governo e le banche si inserisce infine il dietrofront del governo sull'estinzione anticipata dei prestiti. Una 'correzione' anticipata nei giorni scorsi da FdI per rimediare ad uno scivolone della maggioranza sul decreto salva-Infrazioni, che aveva inserito una restrizione temporale a danno dei consumatori e a vantaggio delle banche. Che secondo alcuni osservatori avrebbe viaggiato parallela all'accelerazione sulla nuova tassa sugli extraprofitti. Nei giorni scorsi FdI aveva annunciato la correzione nel primo provvedimento utile. Detto fatto: la norma è nel decreto Asset e ripristina la regola per cui, in caso di estinzione anticipata dei contratti di credito al consumo, il consumatore ha diritto alla restituzione di tutti i costi sostenuti (comprensivi di interessi e spese) a prescindere da quando siano stati stipulati i contratti.
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