Tra il 2022 e il 2024 7 imprese
familiari su 10 stanno investendo in formazione e lo hanno già
fatto nel triennio pre-Covid, per fare crescere le competenze
del personale impiegato ed affrontare al meglio le sfide dei
cambiamenti in atto. Tra i giovani imprenditori la propensione
ad investire in capitale umano è più elevata (73%), mentre a
fare più fatica sono soprattutto le donne capitane di impresa
(66%) e le piccole realtà imprenditoriali (65%) che più di altre
avrebbero, invece, bisogno di sviluppare il bagaglio di
conoscenze del proprio personale per accompagnare i processi di
sviluppo.
Nel complesso, però, la quota delle imprese investitrici che
hanno investito nel 2017-2019 e continuerà a farlo nel
2022-2024, resta più bassa rispetto a quella delle non familiari
(il 69% contro il 77%).
È quanto emerge dal rapporto Strategie e politiche di
formazione nelle imprese familiari realizzato da ASFOR, Centro
Studi Guglielmo Tagliacarne e CUOA Business School- edito da
Franco Angeli e presentato oggi a Roma insieme ad Unioncamere
nel corso dell'evento "Il capitale umano e strategie nelle
imprese familiari".
Il titolo di studio dell'imprenditore sembra fare la
differenza: la quota di quelle che investono (2017-19 e 2022-24)
in formazione è pari al 55% se l'imprenditore ha al massimo la
licenzia media e sale al 68% se ha il diploma fino ad arrivare a
toccare il 78% se è laureato.
L'autofinanziamento è il principale canale al quale ricorrerà
l'80% di queste imprese per finanziare i percorsi formativi
programmati, mentre solo il 29% usufruirà dei fondi regionali e
il 23% dei fondi interprofessionali.
Le imprese familiari del Mezzogiorno e gli imprenditori under 35
sembrano avere maggiore consapevolezza che per cambiare passo
non è sufficiente puntare sulla manutenzione del bagaglio delle
competenze già acquisite.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA