Invecchiamento e calo demografico, ma anche carriere frammentate e discontinue, allo stesso tempo causa ed effetto di redditi (e quindi di contributi) sostanzialmente bassi. Sono i fattori che in modo combinato peseranno sulle pensioni future e che potrebbero portare i conti dell'Inps in profondo rosso. La previsione è doppia e arriva da una parte dal Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'Istituto, oltre che dallo stesso Inps, e dall'altra dall'Ocse.
Secondo l'organizzazione internazionale l'Italia è maglia nera tra tutti i Paesi membri per la scarsissima fecondità registrata negli ultimi anni: nel nostro Paese si registra uno dei tassi più bassi (insieme alla Spagna), con 1,2 figli per donna, superato in negativo solo dalla Corea che conta 0,7 figli per donna. Una tendenza rischiosa, riscontrata in tutti i Paesi sviluppati, perché, avverte l'Ocse, "mette in pericolo la prosperità delle generazioni future".
A livello nazionale emerge peraltro, ancora una volta, la crescente longevità dei cittadini italiani. Nel 2050, ha spiegato il presidente dell'Inps Gabriele Fava, gli over 65 rappresenteranno fino al 35% della popolazione e "questo determina la necessità di ripensare il sistema del welfare", ha sottolineato, cogliendone l'opportunità occupazionale legata alla cosiddetta "silver economy".
D'altra parte però, il fatto che più di un italiano su tre sarà tra pochi decenni in età pensionabile non potrà che avere un effetto sui conti pubblici. E su quelli dell'Inps stesso. In questo caso la previsione è del Civ e riguarda anni molto più vicini. La combinazione di longevità e bassa fecondità, che provocano la cosiddetta inversione nella piramide delle età, non riuscirà ad essere bilanciata dai flussi migratori.
Già oggi, ha spiegato il presidente del Consiglio di vigilanza Roberto Ghiselli, si è determinato "uno squilibrio notevole fra le coorti interessate o prossime al pensionamento, e quelle in ingresso nel mercato del lavoro". Ma se al momento il bilancio dell'Inps resta fondamentalmente in equilibrio, i conti potrebbero presto peggiorare, con una situazione patrimoniale che nel corso di 10 anni girerà in passivo, passando da +23 miliardi nel 2023 a -45 miliardi nel 2032, e risultati di esercizio negativi che peggioreranno nel decennio da -3 miliardi a -20 miliardi.
L'Inps si è affrettato a rassicurare che i dati non sono numeri inediti, "ma valori previsionali di medio periodo già prudenzialmente valutati e in linea con le previsioni macroeconomiche della programmazione di bilancio dello Stato". Nessun allarme dunque per conti che sono in ordine e per un bilancio "ben governato". Lo scenario prospettato "potrebbe prendere forma solo in assenza di efficaci politiche di contrasto", hanno spiegato ancora dall'Istituto.
Ed effettivamente dal Civ sono arrivati anche dei suggerimenti. Innanzitutto vanno considerate prioritarie politiche di sostegno allo sviluppo economico e produttivo del Paese, che possano incidere sulla "crescita della massa salariale e reddituale e del conseguente gettito contributivo". Vanno inoltre rafforzate le politiche del lavoro mirate a mettere in gioco "i bacini occupazionali ancora ampiamente sottoutilizzati": le donne, i giovani, il meridione, "oltre ad una attenta politica di gestione dei flussi migratori, che in questo contesto demografico posso rappresentare una risorsa importante".
Essenziale infine salvaguardare la centralità del pilastro previdenziale pubblico, "pur integrato con quello complementare, che va esteso soprattutto alle persone che possono averne più bisogno".
Nel 2023 la spesa pensionistica sale a 304 miliardi
Lo scorso anno la spesa pensionistica è stata pari a 304 miliardi, con un incremento rispetto all'anno precedente del 7,4%, incremento determinato sostanzialmente dalla rivalutazione delle pensioni a fronte dell'impennata inflazionistica che si era registrata l'anno precedente.
Sono i dati forniti in audizione alla Commissione di controllo sugli enti previdenziali dal Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'Inps che il 16 luglio porterà in approvazione il rendiconto generale relativo all'anno 2023. La proposta di rendiconto rileva un ammontare delle entrate complessive pari a 536 miliardi di euro di cui 269 miliardi di entrate contributive (+5,1% sul 2022) e 164 miliardi di trasferimenti correnti dalla fiscalità generale (+3,3%).
Le uscite complessive ammontano a 524 miliardi, di cui 398 mld per prestazioni istituzionali (+4,55%). Il costo degli interventi sostenuti dai trasferimenti Gias (Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali) a consuntivo è cresciuto di 7,4 miliardi, in particolare per l'incremento delle uscite a favore dei percettori dell'Assegno unico universale, l'incremento dei trasferimenti per sgravi contributivi e l'incremento delle coperture degli oneri pensionistici della Ctps, la gestione separata dei trattamenti pensionistici ai dipendenti dello Stato. Il saldo della gestione finanziaria di competenza ammonta a +12,18 miliardi, di cui 7,66 di parte corrente e 4,52 in conto capitale.
Fava (Inps), 'nel 2050 il 35% della popolazione sarà over 65'
"Nel 2050 i cittadini over 65 rappresenteranno fino al 35% della popolazione nazionale, e questo determina la necessità di ripensare al sistema del welfare, la silver economy sarà vista sempre più come grande opportunità occupazionale del paese". Lo ha detto il presidente dell'Inps, Gabriele Fava, presentando i dati sul lavoro domestico in Italia, spiegando che "i nonni sono oggi una forma di welfare ma allo stesso tempo un indicatore di cosa servirà in futuro".
Nel 2023, secondo i dati dell'Istituto, i lavoratori domestici contribuenti all'Inps sono stati 833.874, con un decremento rispetto al 2022 pari a -7,6% (-68.327 lavoratori), analogo a quello registrato nel 2022 rispetto ai dati 2021 (-7,3%), dopo gli incrementi registrati nel biennio 2020-2021, dovuti a una spontanea regolarizzazione di rapporti di lavoro per consentire ai lavoratori domestici di recarsi al lavoro durante il periodo di lockdown e all'entrata in vigore della norma che ha regolamentato l'emersione di rapporti di lavoro irregolari.
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