In Italia le piccole e medie
imprese sono oltre 200mila, e di queste quasi 55mila sono
imprese esportatrici, producendo un giro di affari di oltre
1.400 miliardi, con circa un terzo del proprio fatturato che
viene realizzato all'estero. Si tratta
di quasi la metà dell'export nazionale (45%, rispetto al 20%
delle tedesche e delle francesi e al 32% delle spagnole). Una su
tre sta investendo in innovazione 4.0 e formazione e questo
accresce del 15% l'export capability d'impresa. E per migliorare
questo dato servono, in particolare, una trasformazione
tecnologica e un approccio multi-filiera. A dirlo la ricerca
"Obiettivo Sparkling: Pmi e filiere italiane a prova di futuro"
di Sace-Teha e presentata oggi a Cernobbio.
Obiettivo Sparkling nasce dall'acronimo di Smart, Proactive,
Agile, Revolutionary, Kinetic, Leader, Innovative, New, Green,
che sono le direttrici su cui manager e imprenditori devono
investire per poter rafforzare la competitività delle proprie
aziende e farle crescere in modo sostenibile in Italia e nel
mondo secondo Sace. Dallo studio emerge che la propensione
all'esportazione è direttamente legata alla dimensione di
impresa: solo il 18% delle piccole imprese esporta più della
metà del proprio fatturato, a fronte di quasi il 33% per le
medie e quasi il 40% per le grandi.
"Secondo noi ci sono ancora margini importanti per le imprese
italiane, soprattutto quelle piccole, per esportare più di
quanto fanno oggi e per le piccole imprese che ancora non
guardano all'estero di iniziare a esportare. Per farlo è
fondamentale la trasformazione tecnologica, perché se guardiamo
alla ricerca solo un'impresa su 5 ha investito sia su
innovazione di prodotto 4.0 sia su formazione negli ultimi tre
anni" ha dichiarato Alessandro Terzulli, chief economist di
Sace.
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