Il 2024 è oramai avviato a una crescita allo 0,8%, sotto quindi la soglia dell'1% ma nel 2025 e nel 2026 il calo dei tassi e la serie di misure espansive programmate dal governo contenute nel Psb dovrebbero far salire, un po' più delle attese, l'economia del nostro paese con una crescita complessiva, nel biennio, del 2,2%.
Il bollettino economico della Banca d'Italia modifica le precedenti previsioni di giugno per i prossimi anni che scontano però un caveat non formale, come si vede dagli eventi di questi giorni: esiste infatti "un'elevata incertezza" a causa delle turbolenze geopolitiche, dalla guerra in Ucraina al conflitto in Medioriente per non parlare della "debolezza" dell'economia cinese. Rispetto a quelle che erano le stime dell'esecutivo, pesa la correzione operata dall'Istat nei giorni scorsi che ha decurtato il Pil di 0,2 quest'anno ma per il 2025-2026, sostanzialmente, le previsioni di via XX settembre e di Via Nazionale collimano appunto in un +2,2% complessivo che dovrebbe appunto segnare una ripresa rispetto al quadro attuale.
Molti indicatori dell'economia del nostro Paese, si legge nella pubblicazione di 42 pagine che contiene anche le proiezioni macroeconomiche per il triennio, segnalano infatti uno stancamento o una "crescita moderata": I consumi delle famiglie "stagnanti" e che dovrebbero accelerare nei prossimi anni grazie al raffreddamento dell'inflazione, il mercato del lavoro che mostra "segnali di rallentamento", la domanda di credito delle imprese che resta debole specie per gli investimenti, nonostante i primi segnali di un calo dei tassi sia già avvenuto dalla primavera.
Solo le famiglie, dove i tassi sui mutui espressi dal mercato come l'Irs si sono mossi per anticipare i tagli Bce da diverse settimane, hanno mostrato il primo segnale di vitalità, sebbene modesta, dall'inizio del 2023.
Anche nel linguaggio misurato degli esperti di Via Nazionale si coglie una situazione non brillante per le aziende e il mondo delle imprese: il calo dei prestiti "è stato più accentuato per le aziende dei servizi e nel comparto dei finanziamenti a medio e a lungo termine, generalmente associati a esigenze di investimento". Un brutto segnale questo per i prossimi mesi visto che l'effetto si manifesta con un lasso temporale.
Non a caso, si legge ancora nel testo "gli investimenti continueranno a risentire di costi di finanziamento ancora elevati e del ridimensionamento degli incentivi legati al settore edilizio, gli effetti del quale saranno tuttavia mitigati dalle misure di stimolo previste dal Pnrr". Daranno un mano anche le esportazioni.
E ancora sul fronte del lavoro, "il numero di occupati ha continuato a salire, ma le ore lavorate sono diminuite, in special modo nell'industria in senso stretto". E così scenderà il tasso di disoccupazione, al 7,7 lo scorso anno, scenderà "al 6,7 per cento nel 2024 e al 6,3 in media nel biennio successivo" e "l'occupazione continuerà a crescere a ritmi inferiori a quelli osservati nel 2023".
Infine le retribuzioni. Sono stati archiviati i timori dei banchieri centrali per l'avvio di una spirale prezzi-salari che, a conti fatti, non c'è stata: l'inflazione chiuderà al'1,1% nel nostro paese e sarà all'1,6% nel 2025, ben sotto quindi al target Bce. Gli stipendi continueranno a crescere sebbene con differenze fra settore e settore. Saranno sospinti dagli accordi siglati di recente ma anche così, è la constatazione degli esperti, in termini reali rimangono comunque in media inferiori dell'8% circa rispetto ai livelli del 2021.
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