Il governo sul dossier dell'ex Ilva è al lavoro per arrivare ad un accordo per un divorzio consensuale con ArcelorMittal ed evitare un lungo contenzioso legale. Lo hanno detto - secondo quanto riportano alcune fonti sindacali - gli esponenti di governo al tavolo di confronto sull'ex Ilva a Palazzo Chigi. In particolare in queste ore sono al lavoro i legali dei due soci con l'intenzione di arrivare in tempi rapidi a soluzione consensuale ed evitare lungo contenzioso. Entro mercoledì si saprà se ci sono condizioni per l'intesa.
Sull'ex Ilva "c'è l'urgenza di un intervento drastico che segni una svolta netta rispetto alle vicende per nulla esaltanti degli ultimi 10 anni". Così il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, nel corso di una informativa al Senato. "Siamo in un momento decisivo che richiama tutti al senso di responsabilità", ha detto.
"Nulla di quello che era stato programmato e concordato è stato realizzato. Nessuno degli impegni presi è stato mantenuto in merito agli impegni occupazionali e al rilancio industriale. In questi anni la produzione si è progressivamente ridotta in spregio agli accordi sottoscritti", ha affermato Urso. "Perfino negli anni in cui la produzione di acciaio era altamente profittevole in Europa, come nel 2019, è stata mantenuta bassa lasciando campo libero ad altri attori stranieri".
Sull' ex Ilva "intendiamo invertire la rotta cambiando equipaggio. Ci impegniamo a ricostruire l'ex Ilva competitiva sulla tecnologia green su cui già sono impegnate le acciaierie italiane, prime in Europa", ha detto il ministro. "L'impianto è in una situazione di grave crisi. Nel 2023 la produzione si attesterà a meno di 3 milioni di tonnellate, come nel 2022, ben sotto l'obiettivo minimo che avrebbe dovuto essere di 4 milioni, per poi quest'anno risalire a 5 milioni".
"Arcelor Mittal si è dichiarata disponibile ad accettare di scendere in minoranza ma non a contribuire finanziariamente in ragione della propria quota, scaricando l'intero onere finanziario sullo Stato ma, nel contempo, reclamando il privilegio concesso negli originali patti tra gli azionisti realizzati quando diedero vita alla società Acciaierie d'Italia di condividere in ogni caso la governance, così da condizionare ogni ulteriore decisione. Cosa che non è accettabile né percorribile sia nella sostanza che alla luce dei vincoli europei sugli aiuti di Stato". Così il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, al Senato. "Abbiamo quindi dato mandato ad Invitalia e al suo team di legali di esplorare ogni possibile conseguente soluzione"
Urso: 'Nel 2020 firmati patti parasociali sbilanciati'
"Di fronte alla minaccia di abbandonare il sito e in assenza di alternative, nel Marzo 2020 il Governo Conte 2, ministro Patuanelli, avvia una nuova trattativa con gli investitori franco-indiani da cui nascerà Acciaierie d'Italia con l'ingresso di Invitalia al 38% e con la sigla di patti parasociali fortemente sbilanciati a favore del soggetto privato. Patti che definire leonini è un eufemismo", ha sostenuto Urso nell'informativa dove ha ricostruito, dal 2016, la vicenda degli stabilimenti ex Ilva.
"Nessuno che abbia cura dell'interesse nazionale avrebbe mai sottoscritto quel tipo di accordo. Nessuno che abbia conoscenze delle dinamiche industriali avrebbe accettato mai quelle condizioni. La governance era di fatto rimasta nelle mani del socio privato che nel frattempo però deconsolidava l'asset, a dimostrazione del proprio disimpegno, richiamando anche i propri tecnici e non immettendo più alcuna risorsa nell'azienda", ha proseguito Urso.
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