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Confindustria, Pil rallenta, +0,8% nel 2024 +0,9% nel 2025 (2)

Confindustria, Pil rallenta, +0,8% nel 2024 +0,9% nel 2025 (2)

ROMA, 22 ottobre 2024, 10:52

Redazione ANSA

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La crescita del il 2024 "viene dai servizi" mentre sono "in calo tutti gli altri settori". Ed in prospettiva appare preoccupante la dinamina degli investimenti che, dopo una "robusta crescita" dal 2021 al 2023, "si fermano queast'anno (+0,5%) e scenderanno l'anno prossimo (-1,3%).
    Risale il reddito disponibile per le famiglie ma i consumi appaiono frenati dalla ricostituzione del risparmio speso negli anni scorsi. E nel 2025 l'inflazione è attesa "risalire in parte tendendo ad avvicinarsi ai valori della misura core, poco sotto il +2%".
    Tra i vari dati, l'export delude le attese: la stima per il 2024 scende al +0,6%; quella per il 2025 si ferma al +2%; Le importazioni 2024 sono ora previste in "brusco calo" al -2,9%.
    Sul fronte del lavoro si assiste ad un calo, atteso, delle ore lavorate per occupato. Le Ula (il dato statistico delle unità di lavoro equivalenti al tempo pieno" salgono "ad un ritmo più sostenuto rispetto all'attività economica, +1,4%" nel complesso del 2024 ma già dalla seconda metà di quest'anno non è più così e nel 2025 "sono attese ad un ritmo inferiore rispetto al Pil".
    Mentre "il numero di occupati continuerà ad aumentare come il Pil". Il tasso di disoccupazione è visto in calo, meglio di quanto precedentemente previsto, al 6,5% nel 2024 ed al 6% nel 2025.
    Sul fronte della finanza pubblica, il CsC segnala anche "l'alto" fabbisogno di cassa e la spesa per interessi "in moderato aumento". "Entrate in crescita" al 46,5% del Pil nel 2024 e al 47,2% nel 2025. "La pressione fiscale e contributiva sale, complessivamente, al 42,20% del Pil nel 2024 (dal 41,5% nel 2023) e al 42,3% nel 2025". Nelle stime, gli investimenti pubblici "rimangono pressoché stabili tra il 2023 e il 2024 (+1,6%), mentre tornano a crescere nel 2025 (+13,4%)".
    Il centro studi diretto da Alessandro Fontana approfondisce cinque "nodi", in particolare, che frenano la competitività e in prospettiva rappresentano un rischio per la crescita del Paese: "Il declino demografico accrescerà la carenza di lavoratori, che già oggi è un problema": pesa sempre di più un "disallineamento quantitativo tra domanda e offerta di lavoro", legato a fattori come calo e invecchiamento della popolazione, la scarsa mobilità interna, la fuga di cervelli, la carenza di lavoratori extra-Ue, il gap tra competenze che servono alle aziende e sistema formativo.
    Poi i "costi di alloggio troppo elevati rispetto a produttività e quindi salari, nelle diverse aree territoriali" che "frenano la mobilità dei lavoratori": da nasce il pressing per un 'piano casa' che il presidente degli industriali Emanuele Orsini ha messo tra le priorità della sua agenda. A frenare la competitività anche "i prezzi del gas e dell'elettricità che sono ancora più alti in Italia, sia rispetto agli altri grandi paesi europei come Francia e Germania, sia rispetto agli Stati Uniti". "Il crollo del settore auto"; e sui costi delle emissioni di CO2 il "sempre più stringente sistema Ets parallelamente all'operatività del Cbam".
   

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