"Il payback è il simbolo di una
politica miope che rischia di soffocare uno dei settori più
strategici per la salute pubblica e per l'economia del nostro
Paese. Per ogni miliardo di euro perso a causa del payback
dovremmo rinunciare a 860 milioni di euro di Pil e al lavoro a
tempo pieno di circa 9mila persone". Così è intervenuto il
presidente di Confindustria dispositivi medici, Nicola Barni,
nel corso dell'evento 'Competitività e dispositivi medici: quale
futuro?' durante il Forum risk management di Arezzo. Per Barni è
"indispensabile lavorare a una nuova governance del settore, che
preveda la cancellazione del payback" per le imprese ma per "la
tenuta di tutto il Servizio sanitario nazionale".
Il presidente ha definito "tempesta perfetta per l'industria e
la competitività delle imprese" l'insieme di "payback, sostegno
alla formazione medico-scientifica, contributo dello 0,75% e
tempi e costi di conformità che continuano a crescere con
l'entrata in vigore dei regolamenti Mdr e Ivdr". Barni ha voluto
evidenziare le contraddizioni di un "sistema che da un lato
ambisce a promuovere l'innovazione", mentre contemporaneamente
"impone regole che penalizzano proprio le aziende che questa
innovazione la producono". Rispetto all'accelerazione di Usa e
Cina "l'Europa rischia di perdere il suo vantaggio competitivo,
soprattutto in settori chiave come la salute e le tecnologie
mediche" dovendo affrontare "rigidità normative, ostacoli
burocratici e politiche di spesa".
La cancellazione del payback, per Barni, dev'essere il primo
passo di una nuova governance di settore che preveda "tetti di
spesa adeguati alla media europea del 7%; una visione sistemica
del comparto che comprenda a pieno le conseguenze industriali
derivanti da ogni modifica all'assetto regolatorio e
post-regolatorio; una programmazione sanitaria orientata alle
patologie, per garantire l'allocazione efficiente delle risorse;
un Health Technology Assessment (Hta) integrato e rapido".
L'Italia, ha concluso, ha competenze e tecnologie per essere
protagonista in Europa: "Ora serve un quadro normativo chiaro e
stabile che consenta alle aziende di pianificare, investire e
innovare".
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