Otto anni di carcere per omicidio stradale plurimo. Ad un anno esatto da quel tragico schianto, era la notte tra il 20 e il 21 dicembre, costato la vita a due ragazzine di appena 16 anni, il gup di Roma ha emesso una dura condanna, in abbreviato, per Pietro Genovese, il 20enne che era bordo del suv che su Corso Francia ha travolto e ucciso Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli. Uno scontro violentissimo avvenuto mentre le due giovani vittime stavano attraversando la strada. Il giudice Gaspare Sturzo, dopo una camera di consiglio di circa due ore, ha accolto l'impianto accusatorio del pm Roberto Felici andando oltre la sua richiesta che era di cinque anni e non ha riconosciuto il concorso di colpe. Genovese, scoppiato in lacrime dopo la lettura della sentenza, quella notte rientrava a casa dopo un brindisi con alcuni amici: con la sua auto ha centrato le ragazze con l'auto uccidendole sul colpo. Quella notte, Gaia e Camilla, amiche inseparabili, avevano festeggiato con altri amici la chiusura delle scuole per le festività natalizie. "Un grande dolore ma anche una grande vittoria per noi - hanno detto le mamme delle due ragazze visibilmente commosse -. Le bambine non torneranno più a casa ma abbiamo avuto la soddisfazione dell'assenza del concorso di colpa. Le ragazze hanno attraversato sulle strisce, con il verde pedonale, i nostri avvocati sono stati bravissimi a dimostrare ciò. Non ci aspettavamo una sentenza così". E per il legale della famiglia di Gaia, l'avvocato Giulia Bongiorno, da oggi "c'è una certezza, è venuto meno quello che si diceva all'inizio, cioè che le ragazze si erano praticamente suicidate, che con grande leggerezza si erano tuffate in mezzo alla strada incuranti del pericolo, tutto questo credo sia venuto meno". A confermare la dinamica di quanto avvenuto ci sono una serie di testimonianze e le perizie disposte dal giudice per udienze preliminari. Lo stesso imputato, che si trova agli arresti domiciliari ma che è stato presente a tutte le udienze del processo, nel corso del procedimento si è detto "affranto" per quanto avvenuto ammettendo che "anche la sua vita è distrutta". Il processo si è basato, fondamentalmente, su una serie di perizie e consulenze disposte da Procura e dalle parti. Per i consulenti di parte civile il "sinistro stradale era pienamente prevedibile ed evitabile" e la causa dell'incidente "è da imputare esclusivamente in termini di colpa a Genovese in quanto vi erano ampi margini di arresto in tempo".