E, come tutti i simboli, anche questo rischia di stritolare l'isola, stretta tra la memoria di tragedie ancora vivide e un boom turistico inarrestabile (e forse anche insopportabile per questo piccolo scoglio di frontiera) che nel 2017 farà segnare un +30% di presenze.
Anche per tutto questo Antonino Taranto, napoletano di origini lampedusane, è tornato a casa per tenere viva la memoria di un passato che spiega molto del presente di Lampedusa e aiuta gli stessi lampedusani a conoscersi e soprattutto a non rinnegarsi, ora che il facile boom turistico spinge più di qualcuno a dimenticare un passato di accoglienza e generosità.
L'associazione dell'Archivio storico di Lampedusa, quasi affacciata sul mare al culmine della centrale via Roma, è nata per questo. Foto storiche, libri, documenti, atti: tutto parla di una vicenda segnata da contaminazioni, accoglienza, frugalità, orgoglio. Dai fecondi rapporti con l'Islam ai missili libici di Gheddafi caduti nel 1986 a poche miglia da qui, fino al difficile 2011, con l'ondata di arrivi dopo le primavere arabe, la tragedia del 2013, la visita di papa Francesco: da 10 anni l'archivio del paziente e flemmatico Taranto testimonia tutto questo anche al pubblico del turismo mordi e fuggi che arriva a Lampedusa immaginando di trovarla invasa da chi fugge da guerre e povertà.
In realtà a Lampedusa, da quando gli sbarchi avvengono a Pozzallo, Agrigento Catania o in altre regioni, i migranti non ci sono quasi più. I pochi rimasti vanno ad imparare l'italiano nella sede dell'archivio di Antonino Taranto. Ma questa è un'altra storia.