L'italo-israeliano Nissim Sermoneta, 25 anni, ha visto la morte negli occhi mentre era assorto in preghiera nella sinagoga 'Kehilat Bney Torah', nel rione ortodosso Har Nof di Gerusalemme. "Stavo leggendo la 'Amida''. E' una preghiera che richiede concentrazione. Ho avvertito un rumore secco, come quello di una lampada che esplode. L'ho ignorato. Ma poi nella sala si è creata confusione. Mi sono occorsi una trentina di secondi per riavermi. Di fronte mi si è parato uno degli attentatori". Sermoneta, figlio di un rabbino italiano e lui stesso studente di collegio rabbinico, racconta all'ANSA i drammatici momenti vissuti mentre due palestinesi armati facevano scempio fra una trentina di religiosi che come lui si trovavano nell'edificio per recitare le preghiere del mattino.
Con la coda dell'occhio Sermoneta ha visto alcuni fedeli gettarsi sotto i banchi nel tentativo disperato di ripararsi dai colpi degli assalitori. Lui è invece passato al contrattacco.
"Ho cercato di contrastare l'assalitore che veniva verso di me con una pistola in mano. Lui ha puntato l'arma e io gli ho dato una sedia in testa. Volevo permettere così ad altri di fuggire".
Ma questa prima reazione non è bastata. "Allora ho sollevato un tavolo e me ne sono fatto scudo. Ho pensato: se mi spara, forse i proiettili si conficcheranno nel legno". Con tutta la forza rimasta, ha lanciato anche il tavolo verso il palestinese e quindi è riuscito a raggiungere una stanza laterale.
"Non riuscivo a trovare il mio telefonino. Poi io ed altri tre o quattro fedeli ne abbiamo trovato uno e abbiamo dato l'allarme alla polizia". Intanto nella sala centrale gli spari erano cessati, e per diversi minuti si è avvertito un silenzio di morte. Ma cosa stavano facendo gli assalitori? "Il caricatore della pistola si era svuotato e allora sono passati ai coltelli. Li hanno dati in testa ai fedeli rimasti. Erano per lo più anziani, disorientati, e sono stati seviziati... come in un mattatoio". Conosceva bene una delle vittime, il rabbino Twersky, direttore di quell'istituto rabbinico: "Era vicino di casa dei miei genitori".
Dalla stanza laterale intanto Nissim Sermoneta ha telefonato alla madre, per avvertirla del dramma, e così anche il padre - attualmente a Roma - è stato messo al corrente. Appena possibile, Sermoneta è scappato dall'edificio lasciandosi dietro la kippa', i filatteri, e il 'talled', il manto rituale. In serata Sermoneta è tornato nella sinagoga e nei prossimi giorni vi reciterà la solenne preghiera Ha-Gomel assieme con tutti quelli che oggi, assieme a lui, hanno visto la morte in faccia e sono miracolosamente riusciti a tornare a casa indenni, almeno nel fisico.
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