Sono ormai ad un punto cruciale i negoziati sul programma nucleare iraniano tra Teheran ed il cosiddetto gruppo dei 5+1, ovvero Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania. Su molti aspetti è stata raggiunta un'intesa, ma su altri si sta ancora negoziando in vista della scadenza del 31 marzo, che i negoziatori si sono autoimposti per un accordo preliminare da siglare definitivamente entro giugno.
IL NODO DEI TEMPI - Ovvero i tempi della revoca delle sanzioni imposte all'Iran da Onu, Stati Uniti e Unione Europea. E anche della durata stessa dell'accordo. In linea di massima si profila un'intesa in base alla quale l'Iran per dieci anni potrà utilizzare solo 6mila delle circa 10mila centrifughe per l'arricchimento dell'uranio di cui dispone. Forse anche meno. Allo stesso tempo, i suoi impianti saranno sottoposti a controlli costanti da parte degli ispettori internazionali.
LO SCOGLIO DELL'URANIO - Teheran, avevano lasciato trapelare alcune fonti, starebbe accettando l'idea di trasferire in Russia l'uranio arricchito che produce. Ipotesi che l'Iran ha però smentito. "L'esportazione di scorte di uranio arricchito non è nel nostro programma", ha dichiarato il viceministro iraniano Abbas Araqchi ai media iraniani. Secondo il New York Times, funzionari occidentali insistono che ci sono altri modi di trattare il materiale. L'opzione principale, riferiscono, è la miscelazione in una forma più diluita. A seconda delle misure tecniche adottate, il processo di arricchimento per uso militare sarebbe molto più lungo, se non quasi impossibile.
GLI SCENARI - L'insistenza dell'Iran sul mantenimento delle sue riserve di uranio arricchito potrebbe costituire un ostacolo in un momento critico delle trattative. E per i contrari all'accordo - nel Congresso Usa, in Israele e nei Paesi arabi sunniti come l'Arabia Saudita - la prospettiva della presenza di grandi quantità di combustibile nucleare in Iran, in qualsiasi forma, aumenta la loro già forte opposizione politica. Se si dovesse giungere a un accordo in tal senso, l'amministrazione Obama potrebbe sostenere che questo non sarebbe un rischio.
Finora, in virtù di un accordo interinale negoziato nel 2013, l'Iran ha rispettato i rigorosi ispezione per le sue scorte, riferisce l'Agenzia internazionale per l'energia atomica. L'Iran otterrebbe d'altro canto di poter utilizzare alcune centinaia di centrifughe nel sito-bunker di Fordow, con elementi come zinco, xenon o germanio, utili dunque solo a fini medici, industriali e legati alla ricerca scientifica. Ma dovrebbe in questo caso accettare ulteriori restrizioni in altri siti in cui porta avanti attività di ricerca e sviluppo del suo programma. In questo quadro si inserisce la questione della centrale ad acqua pesante di Arak, che, in forza dell'accordo dovrebbe produrre meno plutonio rispetto ai progetti originari. Sembra che ci siano invece ancora problemi sul cosiddetto 'breakout', ovvero il tempo necessario a Teheran per realizzare in segreto un ordigno atomico, una volta che ne avesse acquisito la capacità. L'amministrazione Obama lo vorrebbe di almeno un anno, aumentando la possibilità di un intervento per fermare Teheran. Infine, il nodo cruciale delle sanzioni: l'Iran vorrebbe che la loro completa rimozione fosse contestuale al via libera dell'accordo, ma la controparte pensa ad una revoca progressiva e condizionata negli anni dell'accordo.
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