Valentina Grusha vive con il marito nel villaggio di Zaprudka, in una zona contaminata a una cinquantina di chilometri da Chernobyl. E quando è esploso il quarto reattore era al sesto mese di gravidanza. "Ricordo benissimo il giorno del disastro - ci racconta accogliendoci sorridente nella sua casa nella campagna ucraina -, quando mio marito arrivò all'università di Kiev, dove mi stavo laureando, mi disse che lungo il tragitto aveva visto tantissimi mezzi militari e soldati che controllavano tutto, le auto e le persone". Allora Valentina era sposata con Anatoli da un anno, e viveva con lui a Marianivka, a pochi chilometri da dove abitano adesso, dove entrambi hanno insegnato per anni lingua ucraina nella piccola scuola del paese. Ma frequentava spesso Kiev per terminare l'università. Non appena dati gli ultimi esami, a giugno, Valentina, che ormai ha un bel pancione, torna di nuovo a Marianivka col marito per prendere le cose che avevano lasciato a casa. E davanti questa volta si trovano una scena desolante: "Arrivai, e il villaggio era deserto, non c'era nessuno. Quindi - prosegue - dopo aver passato la notte a casa, io e Anatoli decidemmo di andare in macchina a Zaprudka, cioè qui, in questa casa, per aiutare i miei suoceri a preparare i bagagli", visto che dovevano andar via anche loro. "I genitori di mio marito però non si sbrigavano, così alla fine Anatoli s'impose e disse 'andiamo e basta'. E partimmo".
Valentina questa volta andò più lontano che a Kiev: a Iampil, non lontano dal confine con la Moldova. E lì, circa un mese dopo, il 9 luglio 1986, diede alla luce una bambina: Iarina. La trasferta però durò poco. Valentina, Anatoli e Iarina sono presto tornati a Marianivka, e lì hanno vissuto per tanti anni. "Marianivka è contaminata, ma non fu evacuata, si trova nella terza fascia, una zona dalla quale si poteva andare via se si voleva, e in quel caso il governo garantiva un alloggio a chi decideva di trasferirsi. Noi però - spiega Valentina - decidemmo di restare, forse anche perché i genitori di Anatoli rimasero qui, a Zaprudka, e i miei a Maksimovich, qui vicino". Ma ci sono anche altri motivi: "Chi abitava in questa zona aveva degli aiuti dallo Stato, per esempio tre volte l'anno i bambini potevano andare in vacanza gratuitamente, una volta d'inverno e obbligatoriamente una volta d'estate, per disintossicarsi". Vivere a poche decine di chilometri da Chernobyl comporta però dei rischi. Molto gravi. "Quando Iarina era a scuola, era amica di un ragazzino, giocavano insieme. Lui, una volta finita la scuola, cominciò ad andare nella zona chiusa, dicono che trafficasse col metallo radioattivo. A 21 anni è morto di cancro, sua madre l'ha portato in così tanti ospedali, ma non c'è stato niente da fare", racconta Valentina perdendo improvvisamente il sorriso. Valentina e suo marito Anatoli si sono trasferiti a Zaprudka meno di un anno fa, e lì, nonostante sia una zona contaminata, coltivano un orto. Iarina ha avuto la possibilità di andare spesso in Italia con i programmi per i bambini delle zone colpite dalla catastrofe. "Andavo a Malé, in Trentino, dove Mario ed Elisabetta sono stati per me come dei secondi genitori. Ed è anche per loro che ho deciso di studiare italiano all'università", ci spiega al telefono. Iarina si è laureata in lingua italiana a Kiev e ora vive a Milano con il marito Radek.
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