L'esercito iracheno e le milizie sciite filo-iraniane sostenute dalla coalizione aerea guidata dagli Stati Uniti sono entrate a Falluja, da due anni roccaforte sunnita dell'Isis che, per opporsi al blitz, ha usato 50mila civili come scudi umani. Secondo fonti ufficiali le forze di Baghdad sono riuscite a raggiungere alcuni edifici nella periferia sud, issando la bandiera irachena. Nonostante i toni trionfalistici del governo, la strada che conduce alla conquista di Falluja, dal 2014 in mano all'Isis e alle tribù locali, appare ancora piena di insidie, non solo militari ma anche politiche e comunitarie, vista la tradizionale ostilità delle elite cittadine nei confronti del potere centrale di Baghdad, noto per essere vicino all'Iran e agli Stati Uniti.
Tra il 2003 e il 2004 la città era stata teatro di sanguinose repressioni militari da parte delle forze Usa. In questi giorni invece le milizie sciite coinvolte nelle operazioni non hanno risparmiato toni provocatori nei confronti dei circa 50mila civili - sunniti - rimasti in città. E osservatori locali temono che l'eventuale conquista governativa della città possa finire per acuire la polarizzazione ideologico-politica che divide non solo l'Iraq ma tutto il Medio Oriente, e che finisce per favorire le posizioni radicali dell'Isis e dei suoi rivali. Per evitare che abitanti di Falluja possano essere giustiziati perché accusati di "collaborazionismo" con l'Isis, i leader tribali della zona hanno raggiunto un accordo per impedire "vendette" da parte dei "liberatori". Secondo il sindaco di Falluja, Sadun Shalaan, l'accordo prevede che "non ci saranno vendette e ogni sospettato (di collaborazionismo) verrà deferito alle Corti di giustizia". Da parte sua, Hadi Amiri, uno dei leader delle milizie sciite, ha detto che queste forze non entreranno in città, lasciando il compito all'esercito e alle forze tribali sunnite. Falluja è l'ultima città dell'ovest dell'Iraq a rimanere in mano all'Isis, asserragliato nelle regioni centro-settentrionali attorno a Mosul. In passato, in altre località strappate al controllo dei jihadisti sono state denunciate atrocità commesse da miliziani sciiti contro presunti "collaborazionisti" sunniti.
Intanto, la capitale Baghdad è stata oggi teatro di nuovi attacchi suicidi rivendicati dallo Stato islamico e che hanno preso di mira quartieri popolari a maggioranza sciita pochi giorni dopo la raffica di attentati che avevano scosso Baghdad.
Fonti mediche e militari irachene affermano che nei tre distinti attentati compiuti oggi nella capitale e dintorni sono morte in tutto ventiquattro persone e che oltre quaranta sono rimaste ferite. L'attacco più sanguinoso si è verificato nel quartiere settentrionale di Shaab, dove un kamikaze a bordo di un'autobomba si è scagliato contro un posto di blocco, uccidendo otto civili e tre militari. Un altro attentatore suicida ha seminato morte e terrore in un sobborgo a nord di Baghdad, Tarmiya, uccidendo sette civili e tre poliziotti. A Sadr City, sobborgo orientale di Baghdad, una moto-bomba è esplosa in un mercato uccidendo tre persone. Gli attacchi sono stati rivendicati dall'Isis tramite social network ma non è possibile verificare in maniera indipendente l'autenticità della rivendicazione.
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