I rischi ci sono, inutile negarlo. Ma le opportunità che l'intelligenza artificiale mette sul piatto dell'umanità sono troppe per bloccarne lo sviluppo.
L'imperativo, allora, è regolamentarla con norme comuni e ragionevoli. Preservando la sicurezza dell'uomo. Il ceo di Google, Sundar Pichai, sbarca a Bruxelles e, nel mezzo di un dibattito internazionale sull'IA sempre più acceso, che apre interrogativi mai posti prima (dalla sicurezza all'impatto sociale), usa toni concilianti per chiedere il sostegno di tutti, in particolare di Ue e Usa, nel trovare "un accordo sui valori fondamentali" da cui stilare "un quadro normativo ragionevole", fatto di regole "proporzionate", capaci di guidare le tecnologie del futuro e "bilanciarne i potenziali danni e le opportunità sociali".
Cresciuto in India e da sempre affascinato dalla tecnologia, Pichai ritiene che "ogni nuova invenzione" possa "cambiare la vita delle persone". Ma, avverte, "dobbiamo essere chiari su ciò che potrebbe andare storto". A partire dall'impiego di strumenti come il riconoscimento facciale. Che Google al momento ha vietato per usi come la sorveglianza di massa. "Comporta molti rischi, siamo in attesa di vedere come verrà utilizzato", ha scandito Pichai, esortando i governi "a lavorare il prima possibile a normative" per lo sviluppo della controversa tecnologia, ampiamente sdoganata in Cina e limitata invece negli Stati Uniti da linee guida presentate dall'amministrazione Trump. L'Europa ci sta ancora riflettendo: l'idea è metterla al bando per i prossimi 5 anni, per soppesarne meglio i rischi. Una mossa che il ceo di Mountain View non sembra avvallare in toto, complice un orizzonte temporale forse un po' troppo lungo, che fermerebbe lo sviluppo di una tecnologia impiegata anche per attività delicate come il ritrovamento di persone scomparse.
La chiave di tutto, ne è sicuro Pichai, è continuare a dare importanza all'uomo. Proteggendo la sua privacy con sistemi "responsabili e affidabili" e dandogli l'opportunità di riqualificarsi in campo lavorativo. Una prospettiva verso cui l'Ue "non parte da zero", anzi. Le norme esistenti come il Gdpr per la protezione dei dati "possono costituire una base solida" anche per l'intelligenza artificiale, spiega il ceo. E lo stesso vale per altri usi delle tecnologie, per esempio in campo medico, dove "le norme esistenti sono un buon punto di partenza". Per le aree ancora poco esplorate, come i veicoli a guida autonoma, invece, "i governi dovranno stabilire nuove regole che tengano conto dei costi e dei benefici rilevanti". Un impegno che Washington e Bruxelles dovrebbero portare avanti "insieme", ha evidenziato ancora Pichai, perché "le aziende non possono semplicemente costruire nuove tecnologie e lasciare che le forze di mercato decidano come verranno utilizzate" e "nessuno" può pensare di riuscire nell'impresa "da solo" .
Qualunque cosa accada, l'impatto dell'IA sarà "dirompente", in un bilancio che, anche in un articolo a sua firma sul Financial Times, Pichai prevede positivo. "I posti di lavoro creati saranno di più di quelli persi" e, con una regolamentazione "responsabile", le tecnologie emergenti hanno "il potenziale di migliorare miliardi di vite, il rischio maggiore è quello non riuscire a farlo".
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