Rigorista, falco, guastafeste. Almeno agli occhi dei Paesi del Sud, le assomma tutte il premier olandese Mark Rutte, capofila dei frugali che si oppongono allo stanziamento degli aiuti a fondo perduto previsti dal Recovery fund. A capo del governo dell'Aja dal 2010, il liberale Rutte sta tenendo in ostaggio il vertice di Bruxelles con la sua minaccia di veto. Sorriso sempre stampato sul volto, ma arcigno nelle ricette, l'olandese non è inviso solo a Italia e Spagna, ma è anche guardato a vista dall'asse franco-tedesco e tenuto a distanza dai Visegrad. Lui però va avanti per la sua strada con una personalità di ferro che ricorda ad alcuni quella dell'ex premier britannica Margareth Thatcher, la lady di ferro in continua rotta di collisione con Bruxelles negli anni Ottanta e sempre pronta a bloccare ogni decisione a lei sgradita.
Ma a motivare la sua condotta ci sono anche comprensibili ragioni di politica interna. Rutte è infatti appeso ad una fragile maggioranza e, nel tentativo di sbarrare la strada alle forze più conservatrici e antieuropeiste del suo Paese in vista delle elezioni di marzo 2021, cerca di strizzare l'occhio ad un elettorato olandese che pare poco propenso a concessioni verso gli 'spendaccioni' mediterranei.
Obiettivo dell'Aja è dunque ridurre il tetto del Recovery rispetto ai 750 miliardi di euro proposti dalla Commissione europea. Nella sua crociata, d'altra parte, Rutte non è solo: con l'appoggio degli altri Paesi frugali (Svezia, Danimarca e Austria, ma anche la Finlandia), sostiene che i fondi del Recovery, se non ridotti, vadano almeno vincolati a condizioni ben precise, e al varo di riforme "lungimiranti".
Scettico sul fatto che i Paesi del Sud riescano ad attuarle, il premier liberale vorrebbe esercitare una forma di controllo più incisiva sull'operato della Commissione europea nella governance del Recovery Fund. Perché in passato, accusa L'Aja, Bruxelles ha usato pesi e misure diversi nel vigilare sull'applicazione del Patto di stabilità. L'Olanda spinge dunque per un ruolo decisionale determinante del Consiglio Ue sugli esborsi delle risorse europee e appare inflessibile nella richiesta di un voto all'unanimità, che significherebbe un diritto di veto. "Se vogliono che concediamo sovvenzioni invece di prestiti, cosa che noi non consideriamo affatto positiva, allora vogliamo che i Paesi diano garanzie molto forti sul fatto che le riforme saranno attuate", ha avvertito tutti prima di mettere piede al Consiglio europeo.
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