Diventa sempre più stretta la via diplomatica offerta dall'Occidente per risolvere la crisi ucraina, dopo che la Russia ha consegnato le sue perentorie e minacciose risposte scritte alle proposte americane sulla sicurezza europea, cacciando nello stesso giorno il vice ambasciatore americano a Mosca Bart Gorman. Tanto che Joe Biden, pur tenendo aperta la porta del dialogo, ritiene che il rischio di un'invasione russa sia "molto elevato" e che l'attacco "potrebbe accadere nei prossimi giorni", col pretesto di "un'operazione sotto falsa bandiera". Come temono anche la Nato e alcune cancellerie europee, dopo gli scambi di accuse tra russi e ucraini per la pioggia di colpi di mortaio nel Donbass, dove è stato colpito un asilo. Il commander in chief ha anche escluso di voler chiamare nuovamente Vladimir Putin, mentre i due Paesi dipingono quadri contrapposti, con i russi che parlano di parziale ritiro e gli americani che svelano invece l'aumento delle truppe (7.000 uomini negli ultimi giorni) e la costruzione di un ponte chiave in Bielorussia, a 6-7 km dalla frontiera ucraina. La risposta russa lascia pochi margini di trattativa.
Nella lettera di 11 pagine consegnata agli Usa, Mosca si dice "pronta al dialogo" con l'Occidente e offre a Washington una cooperazione per realizzare "una nuova equazione di sicurezza". Ma sottolinea che "le linee rosse e gli interessi strategici" sul fronte della sicurezza che aveva posto "sono stati ignorati" e che "la crescente attività militare degli Usa e della Nato direttamente ai confini russi è allarmante". Il documento elenca i temi chiave a cui, secondo il Cremlino, gli Stati Uniti e la Nato non hanno dato una risposta "costruttiva": la richiesta di non espandere ulteriormente l'alleanza, il ritiro della 'formula di Bucarest' secondo cui "Ucraina e Georgia diventeranno membri della Nato" e la richiesta di non creare basi militari sul territorio di Stati precedentemente parte dell'Urss e non membri dell'Alleanza, compreso l'uso delle loro infrastrutture per lo svolgimento di qualsiasi attività militare, nonché il ritorno delle capacità militari e delle infrastrutture della Nato allo status del 1997, quando fu firmato l'atto costitutivo delle relazioni Russia-Nato. "E' stata ignorata - accusa Mosca - la natura del pacchetto delle proposte russe, da cui sono stati estrapolati deliberatamente argomenti 'convenienti' che, a loro volta, sono stati 'distorti' per creare vantaggi agli Stati Uniti e ai loro alleati".
Alla fine l'aut aut, con la minaccia di una reazione affidata alle armi: "Questo approccio, così come la retorica dei funzionari statunitensi, rafforza i legittimi dubbi sul fatto che Washington sia veramente impegnata a risolvere la situazione della sicurezza europea", conclude Mosca, ammonendo che "in assenza della disponibilità da parte americana a concordare garanzie giuridicamente vincolanti della nostra sicurezza, la Russia sarà costretta a rispondere, anche attuando misure di natura tecnico-militare". Ma sul principio Nato delle "porte aperte" l'Occidente non transige, come ribadito sia da Biden che dal segretario generale dell'Alleanza Jens Stoltenberg. Che le cose sembrino volgere al peggio lo suggerisce anche il duro scontro tra Usa e Russia al Consiglio di sicurezza dell'Onu, dove il segretario di Stato Antony Blinken ha denunciato che Mosca "potrebbe inventare attacchi terroristici, inscenare attacchi con droni contro i civili, compiere attacchi (veri o fasulli) con armi chimiche, rivelare false fosse comuni", nonché "convocare teatralmente riunioni di emergenza" per "rispondere" a operazioni sotto falsa bandiera e poi cominciare l'attacco contro obiettivi "già stati identificati e mappati".
A sostegno delle accuse, gli americani avevano fatto circolare anche un documento all'Onu in cui la Russia evoca "crimini di guerra" e un "genocidio" contro la popolazione russofona del Donbass. Un'offensiva mediatica nella quale Blinken ha esortato Mosca ad abbandonare "il sentiero della guerra" e a sedersi al tavolo negoziale, offrendo un ennesimo incontro al capo della diplomazia russa Serghiei Lavrov: la prossima settimana in Europa, dopo la conferenza di Monaco sulla sicurezza, dove la vice presidente Kamala Harris farà il suo esordio sul dossier ucraino. La Russia, dal canto suo, ha respinto ogni accusa, ribadendo che è invece Kiev a non aver rispettato dopo 7 anni nessuna delle disposizioni degli accordi di Minsk. Ad aumentare la tensione la cacciata del numero due dell'ambasciata Usa a Mosca. Per la Russia una misura di reciprocità per l'espulsione di un suo diplomatico da Washington, come chiarito in serata dalla portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova; per Washington una mossa "ingiustificata" ed "escalatoria", alla quale promette risposta.
"Per il momento episodi di de escalation sul terreno non si sono visti". Lo ha detto il premier Mario Draghi al termine del consiglio Ue informale sulla crisi ucraina. "L'obiettivo - ha detto il premier - è ora far sedere al tavolo il presidente russo Vladimir Putin e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. L'Italia sta facendo il possibile per sostenere questa direzione". "Dobbiamo perseguire la strategia della deterrenza ferma, non dobbiamo mostrarci deboli". "La nostra unità è la cosa che più ha colpito la Russia. Avremmo potuto dividerci perché ad esempio nella Nato ci sono tantissimi Paesi non solo quello che viene definito Occidente". "Non possiamo rinunciare ai principi fondanti dell'Alleanza", ha sottolineato.
LE PAROLE DI DRAGHI
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