Il sole regala un po' di fascino anche alle ciminiere delle centrali a carbone e legna che svettano sui palazzi della città e ai vecchi tram sovietici bianchi e rossi che gli abitanti non cambierebbero mai: "Sono gli stessi che circolano a Mosca". Ma non riesce a cancellare quella sensazione di attesa e paura che aleggia nei discorsi da quando c'è la guerra: "Qui rischiamo un altro Donbass".
Ascolta "I camionisti in Lettonia: "La guerra c'è da 8 anni, dove eravate?' (dell'inviato Matteo Guidelli)" su Spreaker.
Daugavpils è la seconda città della Lettonia e questo sarebbe solo un dettaglio se non fosse che dei suoi 100mila abitanti la metà sono russi e molti vorrebbero essere sotto la bandiera della Federazione. Qui è passato il fronte della Seconda guerra mondiale e i nazisti l'hanno quasi rasa al suolo; per chi ha più di sessant'anni ancora oggi esiste l'Unione sovietica, non la Russia; chi ha meno di 30 è cresciuto con la bandiera blu dell'Ue. La guerra in Ucraina rischia di inasprire divisioni che già esistono, di separare etnie e generazioni. "Certo che siamo preoccupati, per l'Ucraina e per quello che succede qui, dove ci sono soggetti che potrebbero utilizzare la situazione per i propri scopi politici", dice l'ex sindaco Igor Prelatovs che, quando gli chiedi se ci sono cittadini che sostengono l'invasione di Putin, risponde così: "I russi sono il 50%. E' ovvio che ci sono cittadini filo Putin". Ecco perché il rischio Donbass esiste. "Non pensavamo sarebbe scoppiata la guerra in Ucraina e invece è successo. Se dico che qui non può accadere sarei un pazzo. E' un'opzione che non posso eliminare. Dobbiamo rimanere uniti". Prelatovs è stato sconfitto alle elezioni del 2021 da un candidato più vicino alle posizioni russe, Andreis Elksins. Che ora però si trova in difficoltà. Su Facebook ha annunciato l'arrivo di due pullman di mamme e bambini dall'Ucraina, 49 persone in tutto, sistemate in una palestra.
Tra i commenti c'è chi lo accusa di aver sottratto spazio per fare sport ai piccoli di Daugavpils e chi lo invita a non trasformare la città in un caos. E aggiunge "non ci provocate".
Se questo è il clima on line, in strada non va meglio. Nella piazza dell'università c'è il busto di Rainis, il più famoso poeta lettone e parlare con la gente non è semplice. La risposta, in russo, quasi sempre è la stessa: "niet, spasibo".
Poi però qualcuno si ferma. Ineta Poga lavora al municipio di Aglona. Dice subito che "noi non siamo divisi, russi e lettoni, non c'è conflitto, a nessuno importa se sei russo o lettone": "Putin ha sbagliato, qualsiasi invasione è sbagliata perché a pagare le guerre dei governi sono sempre le persone semplici. Ci sono tantissime persone che lo sostengono e molta influenza l'ha avuta la televisione russa. Spero che non succeda come in Donbass. Ma potrebbe, potremmo vedere quelle divisioni". Piotr è ancora più esplicito. Lui ha 70 anni, ha fatto il soldato nell'Unione sovietica e poi il camionista. "Io ero militare. I militari devono eseguire gli ordini, anche se hai davanti un tuo familiare lo devi uccidere comunque, funziona così in Unione Sovietica. In questa città ci sono moltissimi russi, ci sono tanti disaccordi nelle famiglie e in molti sostengono Putin". E quindi? "Ci sono tante persone che vorrebbero essere parte della Russia, ci sono tanti ex militari. Guardano e sentono la tv russa e se sei chiuso verso il mondo, se non vuoi sapere altro, finisce così, come nel Donbass".
Nella piazza del teatro 'Vienibas Nams', anche Vladimir è convito che le cose non vadano bene. "Quando è scoppiata la guerra ho cominciato a guardare come poter andare via. Ci sono persone che vorrebbero far parte della Russia e quindi potremmo diventare come Donetsk e Lugansk. Tante persone appoggiano la Russia, basta provocarli e potrebbe succedere qualcosa".
Per provare a capire come si sia arrivati a questo punto vanno trovati gli errori della politica. Quelli di ieri. "I politici lettoni dopo l'indipendenza - dice ancora l'ex sindaco - hanno diviso le persone usando questioni etniche e di lingua e questo ha provocato problemi. Ma in questa regione è inimmaginabile, non si può cancellare il passato. Se si chiudono le scuole russe, se mettono le multe perché non sai il lettone, si rischia molto". E quelli di oggi. "Il blocco del sistema Swift - si anima l'imprenditore italiano Gianluca Gallo, che qui ha moglie, figli e una torrefazione - non danneggia solo Putin e gli oligarchi, è un problema anche per i poveracci: mio suocero è un ex maggiore dell'esercito russo, prende 600 euro di pensione al mese dalla Russia. E questo vale per moltissimi che vivono qui e che prendono anche meno. Ora cosa succederà visto che le banche non possono ricevere i soldi? Avete idea cosa potrebbe succedere qui se la gente resta senza la pensione?".
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