Lo spettro di un default finanziario di Mosca si allontana, almeno per il momento, con un nuovo pagamento di cedole sul debito per 648 milioni di dollari, mentre la Banca centrale cerca di ridare fiato all'economia con un nuovo taglio ai tassi d'interesse di tre punti percentuali, portandolo al 14%. Ma la Russia si trova a fronteggiare la sfida di una stagflazione che vede l'effetto combinato di un calo del Pil stimato tra l'8% e il 10% e di un'inflazione che entro la fine dell'anno dovrebbe assestarsi tra il 18% e il 23%. I dati resi noti dalla governatrice della Banca centrale Elvira Nabiullina, dopo oltre due mesi di guerra in Ucraina, delineano una situazione difficile, ma che a parere dei vertici economici e finanziari russi permetterà di resistere alle sanzioni occidentali e di far ripartire il Paese in seguito ad "aggiustamenti strutturali". Dopo la contrazione a quasi due cifre nel 2022, la Banca centrale prevede che il Pil si ridurrà ancora del 3% il prossimo anno, per tornare a crescere tra il 2,5% e il 3,5% nel 2024.
L'inflazione invece, dopo aver toccato il picco alla fine di quest'anno, dovrebbe ridursi tra il 5% e il 7% nel 2023 e scendere al 4% nel 2024. La governatrice sottolinea che dopo la fiammata registrata tra la fine di febbraio e marzo, i prezzi mostrano segni di stabilizzazione e che quindi "sono diminuiti i rischi di una spirale inflazionistica". Sul modello insomma di quella venezuelana, che alcuni osservatori ritenevano possibile all'inizio del conflitto. Il raffreddamento della crescita inflazionistica si è accompagnato ad un progressivo rafforzamento del rublo dopo la rovinosa caduta nei primi giorni del conflitto (oggi ha toccato il punto più alto contro l'euro degli ultimi due anni), grazie a misure quali l'obbligo per gli esportatori di convertire in moneta locale almeno l'80% della valuta estera incassata. Ciò ha permetto il nuovo intervento sul tasso di sconto, che immediatamente dopo l'invasione dell'Ucraina era stato raddoppiato per arrivare al 20%. Dopo una prima riduzione al 17%, ora è stato portato al 14%. Ma secondo la Nabiullina ci sono margini per ulteriori ritocchi al ribasso fino al 12,5% entro la fine dell'anno. Ciò permetterà di "limitare la portata del declino delle attività economiche".
Ma il segnale positivo più importante è il pagamento da parte del ministero delle Finanze di cedole pari a 648 milioni di dollari - in valuta americana - su eurobond in scadenza nel 2022 e 2042. L'operazione, che fa seguito a quella del 14 aprile pari a 447 milioni di dollari, è avvenuta grazie ad una deroga alle sanzioni decisa dagli Usa che autorizza i titolari di debito russo negli Stati Uniti a riscuotere cedole e capitale in dollari fino al 25 maggio. Non è chiaro se questa esenzione verrà rinnovata da Washington dopo quella scadenza, quando a Mosca resteranno da pagare altri 2 miliardi di dollari entro la fine dell'anno. Le autorità russe sottolineano che un'eventuale impossibilità a pagare non sarebbe determinata da difficoltà finanziarie di Mosca, ma imposta dagli stessi creditori per ragioni politiche. La Russia può contare infatti su riserve valutarie e in oro pari a oltre 600 miliardi di dollari, continua ad incassare un miliardo di dollari al mese grazie alle esportazioni energetiche e ha un debito pubblico di appena il 17% del Pil. Soltanto il 21% di questo debito è denominato in valuta estera.
"Un default è fuori discussione", ha affermato la governatrice Nabiullina, ribadendo che la Russia sta "preparando tutte le iniziative legali" che si renderanno necessarie per ottenere lo scongelamento delle riserve valutarie e di oro bloccate all'estero in seguito alle sanzioni, "a seconda dello sviluppo della situazione". Vale a dire, presumibilmente, se gli Usa non concederanno altre deroghe per il pagamento del debito.
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