Da più di dieci giorni non hanno notizie dei loro mariti, fratelli o figli che si sono battuti a Mariupol, in Ucraina, difendendo le proprie postazioni presso le acciaierie Azovstal. Mogli, madri e sorelle dei combattenti ucraini, arrestati dalle truppe russe dopo mesi di aspri combattimenti che hanno portato alla caduta della 'città martire' in mano a Mosca, hanno deciso che è arrivato il loro turno. E così hanno fondato il Consiglio delle Donne d'acciaio. La Ong, presentata al Media Center di Kiev, intende far rispettare i diritti dei prigionieri lavorando in accordo con le autorità ucraine e le organizzazioni internazionali sui diritti umani.
"Il principale ruolo del Consiglio è quello di identificare e riportare a casa tutti gli uomini scomparsi o arrestati - spiega a margine della conferenza stampa Olena Chornobay, 34 anni, moglie di un soldato del distaccamento della frontiera di Donetsk -. Vogliamo esortare il mondo affinché venga applicata la Convenzione di Ginevra". Ciò che chiedono le donne di Mariupol è di conoscere le condizioni in cui vivono gli ex combattenti. "Vogliamo che i rappresentanti della Croce Rossa siano presenti in ogni sito in cui i prigionieri sono stati portati. Non vogliamo che i nostri uomini attraversino un secondo inferno", dice Olena faticando a trattenere le lacrime.
"Sono una moglie forte di un marito forte - aggiunge -. Farò tutto il possibile per riportalo a casa. Sono i nostri eroi. Lo sono e lo saranno sempre". Accanto a lei c'è Nataliia Zarytska. Ha 36 anni. "Mio marito ne ha 31 ma sembra che ne abbia 100. Ha perso più di 20 kg, ho le foto che lo provano", racconta mostrando le immagini dal proprio cellulare. "Ho parlato l'ultima volta con lui il 17 maggio. Ora non so se sia vivo o meno e dove si trovi esattamente". Lei e il marito si sono sposati a distanza ad aprile quando i combattimenti erano in corso. "Abbiamo un figlio, ma avevamo in progetto di farne un altro in futuro. Questa idea mi aiuta a rimanere forte e mantiene in vita mio marito", dice in un'altalena di commozione e fermezza. Neppure Sandra Krotevych da alcune settimane ha più notizie del fratello, il maggiore Bohdan Krotevych, primo vice comandante del reggimento Azov. "Vogliamo che il mondo ci aiuti e aiuti i nostri uomini dell'Azovstal", dichiara. "Voglio una vita normale, voglio vivere in Ucraina senza la guerra, e senza questo inferno".
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