Adesso non sono più solo qualche leader filorusso del Donbass o media di Mosca vicini al Cremlino. Ad accusare direttamente Kiev dell'uccisione di Darya Dugina sono i servizi segreti russi, che puntano il dito contro quelli ucraini fornendo anche il nome della presunta sicaria, Natalya Vovk, una donna ucraina di 43 anni che si sarebbe fatta accompagnare nella missione dalla figlia dodicenne e sarebbe poi fuggita in Estonia.
Mosca diffonde il filmato della presunta attentatrice che sfugge ai controlli alla frontiera
L'uccisione della Dugina è "un crimine vile e crudele", ha affermato in un messaggio alla famiglia il presidente Vladimir Putin, mettendo in risalto le attività di reporter di guerra e opinionista che avevano visto anche la ventinovenne figlia del filosofo ultranazionalista Alexander Dugin distinguersi per il suo sostegno alla cosiddetta operazione militare speciale in Ucraina. E che quindi potrebbero averla trasformata in un bersaglio al pari del padre, che secondo le prime testimonianze era la vittima predestinata ma si sarebbe salvato per aver deciso all'ultimo momento di non salire sull'auto guidata dalla figlia. Questo, almeno, quanto sembrano suggerire i servizi russi nella loro ricostruzione.
Dopo due giorni anche Dugin ha rotto il silenzio, parlando di "attacco terroristico compiuto dal regime nazista ucraino" ed affermando che la risposta non può limitarsi a una vendetta, ma deve portare alla "Vittoria", con la V maiuscola. L'Fsb, il servizio di sicurezza federale, ha annunciato così di aver "risolto" il caso a meno di 48 ore dall'esplosione che sabato sera è costata la vita alla Dugina su un'autostrada ad ovest di Mosca, mentre rientrava da sola nella capitale alla guida di una Toyota Land Cruiser dopo aver assistito nella tenuta di Zakharovo - dove crebbe il poeta Alexander Pushkin - ad un intervento del padre in una conferenza dedicata alle tradizioni. "Il crimine è stato preparato e commesso dai servizi di sicurezza ucraini", ha affermato nel comunicato l'Fsb. In particolare da un'agente donna di nome Natalya Vovk, arrivata in Russia il 23 luglio con la figlia, Sofia Shaban. E fuggita subito dopo l'attentato in Estonia attraverso la regione russa di Pskov. Le autorità di Tallinn hanno sottolineato di non aver ancora ricevuto alcuna richiesta di estradizione da Mosca.
Secondo la ricostruzione fornita dai servizi russi, la Vovk e sua figlia sarebbero arrivate in Russia a bordo di una Mini Cooper alla quale sarebbero state applicate tre targhe diverse: la prima della Repubblica di Donetsk, per varcare il confine, la seconda del Kazakhstan, usata a Mosca, e la terza dell'Ucraina per uscire dal Paese. "Per organizzare l'uccisione della Dugina e raccogliere informazioni sulle sue abitudini di vita", aggiunge l'Fsb, la Vovk "ha affittato un appartamento a Mosca vicino a dove viveva la vittima". Infine, la sera stessa dell'attentato, la donna e la figlia avrebbero partecipato alla conferenza di Zakharovo. E pochi minuti dopo che l'auto della Dugina era partita, l'agente ucraina avrebbe azionato a distanza la carica esplosiva posta sotto il sedile di guida. Fonti della sicurezza citate dalla Tass ipotizzano che la bambina potrebbe essere stata usata dalla madre per piazzare l'ordigno.
Le mosse di Natalya Vovk sarebbero state ricostruite passo passo da varie telecamere di sorveglianza e parte delle immagini sono state diffuse dall'Fsb. La donna appare in primo piano durante le ispezioni della polizia di frontiera alla sua auto all'entrata e all'uscita dalla Russia e mentre, secondo le stesse fonti, cerca di entrare in un condominio di Mosca dove risiedeva la Dugina.
Fin qui le notizie ufficiali ma sui canali Telegram abbondano altre presunte informazioni e ricostruzioni. Un gruppo di hacker russi, RaHDit, ha affermato per esempio che la Vovk appartiene al battaglione ucraino Azov e ne ha pubblicato anche il presunto tesserino militare, ma le autorità di Mosca non hanno confermato tale ipotesi. E il battaglione ucraino ha fatto sapere di non avere nulla a che fare con la donna.
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