Il primo tempo al Castello di Praga, il secondo a Bruxelles a fine ottobre. I supplementari, nella strategia del premier Mario Draghi, non dovrebbero neanche esserci. La partita sul price cap sul gas è aperta: in salita, ma questa volta è entrata nel vivo. Al vertice della Comunità politica europea - un format da 44 Paesi più in chiave anti-Mosca che pro-allargamento - la crisi energetica è il convitato di pietra. In una proposta messa nero su bianco, Italia, Grecia, Polonia e Belgio hanno deciso di andare oltre le direttrici lanciate dalla Commissione: mettendo sul tavolo un price cap flessibile, o "dinamico", che spenga a monte l'ascesa incontrollata del prezzo sul gas alla borsa di Amsterdam.
I 27, nel vertice informale sotto la presidenza ceca, usciranno allo scoperto. La base della trattativa è la lettera scritta da Ursula von der Leyen. Una lettera che dà diverse soluzioni che l'Unione potrebbe prendere. Una di queste, un tetto massimo al prezzo del gas utilizzato per la produzione di energia elettrica, all'Italia continua a non piacere. "Ignora i 2/3 del mercato del gas" e crea "disincentivi alla riduzione dei prezzi", viene sottolineato nel non paper firmato da Roma.
Il price cap flessibile, che il documento avanza come soluzione, in realtà non è indicato come alternativa ma come misura potenzialmente complementare in quanto opera sull'acquisto di gas all'ingrosso e non su quello dell'elettricità al dettaglio. Nella proposta si tracciano poi tre scenari, a seconda della disponibilità delle forniture. Il primo è quello attuale, c'è uno scambio tra domanda e offerta. E' in questo scenario che, secondo l'Italia, dovrebbe operare un cap flessibile legato non solo all'indice Ttf di Amsterdam ma anche all'andamento degli altri mercati energetici e, soprattutto, degli altri indici di riferimento nel pianeta. "Vediamo chi, tra i 15 che hanno chiesto il price cap qualche giorno fa, firmerà il non paper", spiega una fonte europea. Nella delegazione italiana serpeggia un cauto ottimismo e una prudente convinzione: al Consiglio europeo del 20 ottobre un passo avanti dovrà essere formalizzato.
A Praga è di energia che Draghi ha parlato in una delle tavole rotonde del summit. Al tavolo, tra gli altri, c'erano il cancelliere Olaf Scholz e il primo ministro norvegese Jonas Gahr Store. Il primo ha issato un muro contro il price cap e, arrivando ai piedi della Cattedrale di San Vito, ha difeso lo scudo tedesco da 200 miliardi sottolineando che "lo hanno fatto anche altri governi". Il secondo, con il tramonto del gas russo, è diventato un partner imprescindibile per l'Ue e, in una dichiarazione congiunta con von der Leyen, si è impegnato a lavorare per ridurre i prezzi dell'energia. A loro Draghi ha riassunto così il suo pensiero: "Dobbiamo lavorare insieme per affrontare la crisi energetica. Possiamo anche farlo in ordine sparso, ma perderemmo l'unità europea". Soluzioni comuni, quindi. Le stesse che vogliono Emmanuel Macron e von der Leyen, che lavora anche a rendere obbligatoria la piattaforma d'acquisto comune di gas ed ha aperto ad un potenziamento finanziario del RePower. Ma anche in questo caso la partita è incerta. L'idea di uno Sure 2 continua a non piacere ai falchi del Nord. "Ci sono i soldi del Recovery, non possiamo avere una pecora a cinque gambe", ha spiegato una fonte diplomatica del Nord Europa. Mentre l'olandese Mark Rutte arrivando a Praga ha sottolineato che "non vi è alcun pregiudizio ideologico" sul price cap. Bisogna vedere, però, di quale tetto si parli. Il negoziato resta fluido, le soluzioni sono comunque complementari. L'Italia ha un chiodo fisso: non fare altro debito ed evitare frammentazioni del mercato. Draghi, da qui al 20 ottobre, ha davanti a sé una delle missioni europee più difficili, con l'appendice di essere alle battute finali al governo dell'Italia. E a Praga già serpeggia curiosità per il possibile successore, Giorgia Meloni.
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