Per gli indigeni Waorani dell'Amazzonia ecuadoriana, in lotta da un decennio per salvare il Parco nazionale Yasuni, il 20 agosto è una data cerchiata in rosso. Proprio quel giorno due referendum stabiliranno se proseguire con lo sfruttamento petrolifero all'interno del Parco, e con quello delle miniere d'oro nel Choco Andino, 287.000 ettari di foreste, vicino alla capitale. Lo riporta Telesur.
Le consultazioni sono state concesse dalla Corte Costituzionale, contro il parere del governo, attualmente guidato dal presidente conservatore Guillermo Lasso.
Dichiarato riserva della biosfera dall'Unesco nel 1989, il Parco Nazionale Yasuni e il vicino Territorio ancestrale Waorani costituiscono una delle aree con la maggiore biodiversità al mondo.
Ma per i 4.800 indigeni che abitano il parco, nel 2016, la vita si è trasformata in una battaglia quotidiana, con l'avvio delle trivellazioni nell'ambito del progetto Yasuni-Itt, dopo anni di tentativi falliti dell'allora presidente socialista Rafael Correa di convincere la comunità internazionale a pagare all'Ecuador 3,6 miliardi di dollari per evitare l'avvio dei pozzi, condividendo i costi della salvaguardia ambientale.
Secondo il direttore generale di Petroecuador, Ramon Correa Vivanco, "nel 2022, il Blocco 43 - Itt ha generato una rendita di 1,2 miliardi di dollari", e uno stop all'estrazione del greggio significherebbe minori entrate per le casse dello Stato per circa 14 miliardi di dollari in 20 anni.
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