Mancavano solo gli ultimi due tasselli per chiudere il complicato puzzle dei negoziati di Pedro Sanchez. E oggi sono arrivati, con la firma al Congresso dei deputati degli accordi fra il Psoe e i nazionalisti moderati baschi del Pnv, seguita da quelli con Coalicion Canaria. Il leader socialista, indiscusso campione di resilienza, incassa così almeno sulla carta i 179 voti (su 350) necessari per essere rieletto premier in prima votazione la prossima settimana, grazie anche e soprattutto al patto siglato ieri a Bruxelles con gli indipendentisti catalani di Junts. Al prezzo di concessioni controverse - come l'amnistia che cancella i reati commessi in oltre un decennio di muro contro muro fra la Catalogna e lo Stato centrale - che stanno incendiando il Paese e mobilitando le destre in piazza.
Man mano che si conoscono i dettagli dell'accordo, cresce però il malcontento anche in casa socialista, dove governatori come Emiliano Garcia-Page (Castilla-La Mancha) non esitano a schierarsi al fianco dei Popolari all'opposizione, a Madrid come in Andalusia, contro l'amnistia che "consente a Carles Puigdemont di liberarsi dal carcere". Nello stesso giorno in cui la procura dell'Audiencia Nacional ha considerato insufficienti gli indizi per imputare l'ex presidente catalano, riparato a Waterloo all'indomani del referendum secessionista del primo ottobre 2017, anche del reato di terrorismo nell'inchiesta sullo 'Tsunami Democratic'.
Nel patto sottoscritto con il presidente del Pnv, Andoni Ortuzar, Sanchez si è impegnato invece a trasferire al Paese Basco in due anni tutte le competenze previste dallo Statuto di Guernika che non sono state trasferite negli ultimi 4 decenni. A cominciare da quella sulla previdenza sociale, una storica rivendicazione dei nazionalisti baschi. Non a caso Ortuzar, in conferenza stampa, l'ha definito "un nitido passo avanti" sulla strada "dell'autogoverno", che include l'impegno futuro del Psoe a dialogare sul "riconoscimento nazionale di Euskadi" nel giro di massimo due anni. E la creazione di una commissione bilaterale permanente fra il governo centrale e quello basco, presieduta dal premier e dal 'lehendakari' basco, per garantire la verifica semestrale del compimento degli accordi.
Ferma restando per i socialisti la linea rossa rappresentata dall'ambito costituzionale, nel caso catalano secondo molti osservatori Sanchez porta a casa la rinuncia all'unilateralità da parte di Puigdemont. Nessuno pensava che per il premier socialista in funzione la riedizione della variegata alleanza di centro-sinistra, disprezzata dalle destre come 'Frankestein' ed ormai unica riserva progressista al governo nel sud Europa, fosse un cammino di fiori. Ma somiglia piuttosto sempre più a uno stretto sentiero di spine dopo che anche i soci dati finora per fedeli, come Unidas Podemos confluito in Sumar, si sono smarcati a sorpresa nelle ultime ore, annunciando una consultazione della base sul voto d'investitura.
Sul piano giudiziario lo scontro si è spostato in Europa dopo che l'organo di autogoverno della magistratura, il Consejo Superior del Poder Judicial, equivalente del Csm italiano, e tutte le associazioni dei magistrati hanno inviato ai vertici della Commissione Europea e del Consiglio Europeo e al responsabile della diplomazia Ue una dichiarazione che considera "inammissibile" il riferimento nell'accordo fra socialisti e il partito di Puigdemont al 'lawfare', ovvero all'avallo dato da Psoe e Junts all'apertura di commissioni d'inchiesta per procedere contro magistrati per presunta persecuzione giudiziaria nei confronti di membri dell'indipendentismo. Mentre il sindacato unificato di polizia ha convocato a Barcellona una protesta nella Cittadella della Giustizia. Diventa inoltre sempre più incandescente il clima per le mobilitazioni violente che da oltre una settimana si susseguono davanti alla sede centrale del Psoe in calle Ferraz a Madrid: l'ultradestra di Vox ha lanciato un appello alla mobilitazione in piazza a tempo indefinito mentre il Partito popolare continua a lanciare accuse di golpe.
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