Il principe Harry ha messo a segno un punto fondamentale nella sua lunga crociata contro i tabloid scandalistici con possibili ricadute su tutta la stampa popolare del Regno Unito. Il giudice Timothy Fancourt dell'Alta Corte di Londra gli ha dato infatti ragione nella causa intentata dal secondogenito di re Carlo III e altri vip nei confronti dell'editore del Daily Mirror, colpevole di aver recuperato illegalmente informazioni private nel periodo fra il 2006 e il 2011 tramite il ricorso a intercettazioni telefoniche "su vasta scala".
Anche se nel verdetto odierno risulta "provata" la raccolta di notizie riservate sul principe e sulle persone attorno a lui in 15 dei 33 articoli denunciati, e si decreta un indennizzo al duca di Sussex pari a 140.600 sterline, rispetto alle 320.000 chieste dai suoi avvocati, il risultato non cambia nella sostanza e conferma l'intrusione sistematica dei media nella sua vita, iniziata fin da quando era bambino e arrivata perfino a
forme di hacking sul suo stesso telefono.
Da tempo Harry rimprovera i metodi dei tabloid e le responsabilità del giornalismo più spregiudicato anche nella morte della madre Diana. Proprio nella sua storica deposizione sotto giuramento in tribunale a Londra dello scorso giugno per il caso Mirror - la prima di un membro della famiglia reale da oltre un secolo, ossia da quando a farlo era stato il futuro Edoardo VII, figlio della regina Vittoria, in un processo per
diffamazione - aveva parlato di "mani sporche di sangue" riferendosi alla carta stampata.
Nella dichiarazione letta dopo la vittoria di oggi dal suo legale David Sherborne, il duca si è tolto i fatidici sassolini dalla scarpa per quanto subito in passato e anche di recente con gli attacchi rivolti a lui e alla consorte Meghan dopo il trasferimento negli Usa seguito allo strappo traumatico del 2020 dalla Royal Family. Si è detto felice per aver sconfitto "il drago", indicando con questo termine non solo l'editore Mgn (Mirror Group Newspapers) ma anche gli altri tabloid, nonostante il rischio di "bruciarsi": un chiaro riferimento agli altri membri dei Windsor che invece gli avevano consigliato di non cercare giustizia nelle aule di tribunale per le violazioni della privacy, più che altro per evitare le ricadute di immagine sulla dinastia, propensa a evitare dove possibile polveroni mediatici.
Il principe è stato 'ribelle' anche in questo, come avrebbe fatto Lady D, e non certo diplomatico come il fratello maggiore ed erede al trono William. Il gruppo Mgn si è scusato "senza riserve" per gli atti illeciti "storici", quindi non relativi ai comportamenti attuali, riguardanti, come ha sottolineato il giudice, anche insabbiamenti sistematici da parte dei vertici societari, in particolare quando era amministratrice delegata
Sly Bailey, mentre ha subito contraccolpi imbarazzanti l'ex direttore del Mirror, Piers Morgan, diventato anchorman televisivo di successo dagli schermi di Talk Tv e impegnato da tempo in polemiche velenose con i Sussex. Dal verdetto risulta che fosse a conoscenza dell'attività di hacking ma il giornalista ha seccamente smentito, affermando di non aver mai ordinato a nessuno di compiere intercettazioni. E ha lanciato un
nuovo attacco contro il principe, accusandolo di voler "distruggere la monarchia" col suo comportamento "avido e ipocrita".
Anche Harry lo cita nel suo comunicato e arriva in termini generali a evocare l'intervento della polizia, almeno tramite l'apertura di indagini, per fare luce sull'eventuale rilevanza penale di quei metodi spregiudicati. Metodi usati, come emerso nel verdetto, anche mentre era in corso l'inchiesta pubblica della commissione Leveson sui tabloid britannici seguita allo scandalo intercettazioni del gruppo di Rupert Murdoch, News
International, conclusosi nel 2011 con la chiusura del domenicale News of the World.
Il principe ha infine lanciato un monito: "La missione continua". Forte di questa vittoria va avanti nelle sue cause all'Alta Corte riguardanti la raccolta di informazioni in modo illecito sul suo conto e la violazione della privacy: una condotta insieme ad altri vip come Elton John e Liz Hurley contro l'editore del Daily Mail e l'altra contro il News Group Newspapers (Ngn), parte dell'impero Murdoch.
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