La notizia è arrivata all'improvviso tra il milione e mezzo di sfollati a Rafah, dopo settimane di tensione e paura per l'annunciata invasione di terra: le forze israeliane si ritirano da Khan Yunis mantenendo le uniche operazioni militari sul Corridoio Netzarim che divide la Striscia di Gaza tra nord e sud.
Chi viveva in città prima di fuggire dalla guerra è tornato di corsa a vedere la propria casa che aveva lasciato più di due mesi fa: alcuni erano felici di trovarle ancora in piedi e vivibili, altri piangevano quando hanno visto di non avere più nulla a cui tornare e di dover rimanere ancora a lungo nelle tende. Qualcuno si è organizzato per mettere in sicurezza le aree da dove l'esercito israeliano si è ritirato, nel timore dei furti degli sciacalli. Alcune famiglie hanno invece cominciato a cercare sotto le macerie delle loro case ricordi personali od oggetti che potrebbero ancora tornare utili.
Le notizie tuttavia restano confuse: i residenti locali di Rafah non riescono ancora a capire se ci sarà o meno un'operazione di terra nell'ultimo lembo della Striscia a ridosso dell'Egitto. La famiglia Hijazi ha perso la maggior parte dei suoi affari durante la guerra: agricoltori a Rafah, possedevano un grande pezzo di terra nell'area di Mawasi nella parte occidentale di Khan Yunis, e avevano paura di perdere anche le loro case in città. "Abbiamo vissuto nelle tende e perso tutto, ma la cosa più spaventosa a cui dovevamo pensare era un'operazione militare a Rafah", dice Abu Assad Hijazi, 72enne uomo d'affari. Ora tutto è cambiato all'improvviso: per la prima volta, le persone possono trovare tutti i prodotti sul mercato, i prezzi sono scesi, l'atmosfera sembra positiva. "È la fine della guerra? Si tratta solo di una tregua temporanea o di un cessate il fuoco? È sicuro il ritorno a casa per tutti gli sfollati delle aree meridionali?", si chiede speranzoso Abu Assad. Gli sfollati dal nord della Striscia e da Gaza City invece sono delusi, sanno che loro non torneranno presto a casa e che la sofferenza continuerà tra notti in tenda e ricerca di aiuti umanitari.
Nella città di Hamad, nella parte occidentale di Khan Yunis, Saaed Al-Agha è andato immediatamente a vedere il suo appartamento, anche per evitare furti: "La porta è stata sfondata dagli esplosivi, le finestre sono rotte, i mobili ammassati perché dentro ci sono state le truppe e i cecchini", racconta. Ma "con un po' di pulizia e organizzazione, è vivibile", spiega con soddisfazione. Ora "spero che non assisteremo a un'altra invasione di terra, non ci fidiamo mai dell'esercito israeliano, lo hanno già fatto prima: quando si ritirano - conclude - tornano più aggressivi di prima".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA