C'è un prima e un dopo nella storia delle politiche migratorie europee ed è targato dieci aprile 2024: l'Eurocamera ha dato il via libera finale al nuovo Patto di migrazione e asilo portando a compimento un lavoro che, di fatto, è durato dieci anni. La Commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen chiude il suo mandato portando a casa uno dei dossier cruciali di questa legislatura. Le politiche migratorie, negli anni, hanno diviso Paesi membri, spaccato governi, mandato in frantumi alleanze. E il voto sul nuovo Patto non è stato da meno. Fdi ha votato sì a gran parte del pacchetto, in linea con il governo ma in dissenso dai Conservatori e Riformisti e differentemente dai suoi alleati: Fi, totalmente a favore, e la Lega, contraria a più della metà dei testi e lontana dalla posizione del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi.
La votazione è durata un'ora ed è stata preceduta da una scia di suspense alimentata soprattutto dal dissenso interno ai socialisti: la delegazione francese ma soprattutto il Pd hanno annunciato infatti il voto contrario. Per i dem l'unica eccezione è stata rappresentata dal regolamento sulla gestione dell'asilo e la migrazione, che include il meccanismo di solidarietà. Per il resto, il Patto di migrazione e asilo ha visto la netta bocciatura del Nazareno. "Il compromesso raggiunto non supera il sistema di Dublino, non alleggerisce i Paesi di primo ingresso ed è fortemente improntato ad un approccio securitario", hanno protestato gli eurodeputati democratici. Il nuovo Patto in sintesi cerca di rispondere a un'esigenza di fondo: dare regole uniche in tutta Europa, dato che sinora non è stato così.
Al centro della riforma c'è l'equilibrio tra responsabilità (da parte dei Paesi di primo approdo) e solidarietà (da parte degli altri). Basta dunque con un sistema disfunzionale che addossava agli Stati di frontiera, nel Mediterraneo ma non solo, tutti gli oneri di controllo ma poi permetteva ai migranti di sparpagliarsi per tutta l'Ue, creando l'odioso fenomeno dei movimenti secondari (spesso gente in fuga senza documenti), fonte di tensione tra i Paesi e d'insicurezza per gli stessi migranti. D'ora in poi la nazione di primo approdo dovrà raccogliere la domanda di asilo, gestire la persona e la pratica in tempi rapidi, ma potrà contare sull'aiuto degli altri, o in termini ricollocamenti o contributi finanziari. Soprattutto, però, chi arriva da un posto del mondo non poi così disastrato e non ha diritto alla protezione dell'Ue verrà rimpatriato in tempi rapidi. O almeno, questa è l'idea. Cruciale adesso sarà l'attuazione delle nuove norme, molto complicate a livello tecnico. I 27 avranno due anni di tempo per farlo. Ai Paesi di primo ingresso, come l'Italia, von der Leyen ha assicurato che d'ora in poi "non saranno più soli" davanti alle sfide poste dall'immigrazione. "L'Europa migliore è l'Europa che si muove unita", ha sottolineato. "È un giorno storico", le ha fatto eco la presidente dell'Eurocamera Roberta Metsola.
Dalla parte opposta, invece, l'ungherese Viktor Orban, che insieme alla Polonia a trazione sovranista aveva votato contro il Patto: "L'unità è morta, i confini sicuri non ci sono più, è un altro chiodo nella bara dell'Unione Europea", ha tuonato il leader magiaro. In Italia due membri di primo piano del governo hanno plaudito alla votazione. "Il Patto tiene contro delle nostre esigenze", ha sottolineato Piantedosi. "È il miglior compromesso possibile, l'Italia ha avuto un ruolo importante come anche il Ppe", ha chiosato il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Eppure, solo Fi ha votato convintamente l'intero pacchetto. Fdi si è espressa a favore in otto votazioni su dieci, dando un apporto importante sui due testi più in bilico: la gestione delle crisi migratorie e le procedura per il rimpatrio, entrambi osteggiati dai dem, come anche dal M5s. Il Patto "peggiora gli oneri a carico dei Paesi di primo approdo come il nostro. Noi ci siamo opposti, Meloni e soci invece si piegano, votano in ordine sparso e si spaccano", ha commentato sui social Giuseppe Conte.
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