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Trump alla sbarra, 'processarmi è un attacco all'America'

Trump alla sbarra, 'processarmi è un attacco all'America'

Prima storica udienza per il caso dei pagamenti alla pornostar

16 aprile 2024, 14:31

Benedetta Guerrera

ANSACheck
Donald Trump © ANSA/EPA

Tra ingenti misure di sicurezza e centinaia di rappresentanti dei media accampati fuori dal tribunale sin dalle quattro di mattina, Donald Trump è arrivato a Manhattan per il primo processo ad un ex presidente nella storia degli Stati Uniti. Trentaquattro capi di imputazione e almeno due mesi di udienze, il procedimento per i pagamenti alla porno star Stormy Daniels è l'unico dei quattro a suo carico che arriverà a sentenza prima delle elezioni di novembre.

 

"Lotto per la libertà di 325 milioni di americani. Questo processo è un attacco all'America", ha attaccato Trump poco prima di entrare in aula ribadendo di essere vittima di una "persecuzione politica". Il tycoon è accusato di aver falsificato documenti aziendali per nascondere un pagamento di 130.000 dollari all'attrice e regista hard nel 2016 in modo che non rivelasse la loro relazione. Secondo il procuratore Alvin Braggs, l'ex faccendiere Michael Cohen, uno dei testimoni chiavi, ha materialmente staccato gli assegni e poi è stato rimborsato dalla società di Trump che ha fatto passare le rate come "spese legali". Non solo, la procura di Manhattan imputa all'ex presidente altre due mazzette in cambio del silenzio sulle sue sregolatezze: una da 30.000 dollari ad un portiere della Trump Tower ed un'altra da 150.000 dollari alla coniglietta di Playbow Karen McDougall con la quale The Donald ha avuto una storia sempre nel 2016.

Insomma, per l'accusa il tycoon aveva messo in piedi uno schema più ampio per tutelarsi dagli scandali durante la corsa alla Casa Bianca che poi ha vinto. Anche per questo la procura chiamerà sul banco dei testimoni McDougall, l'editore del National Enquirer, il tabloid vicino all'ex presidente che si sarebbe fatto carico dei pagamenti a quest'ultima, e Hope Hicks, ex manager della campagna e poi direttrice delle comunicazioni alla Casa Bianca.

Gli avvocati di Trump hanno elaborato una strategia difensiva basata, come riferiscono i media americani, sulle tre 'd', delay, deny and denigrate ovvero 'ritarda, nega e denigra'. Per la parte diffamazione, il lavoro è quasi esclusivamente affidato a Trump che, nonostante l'ordine del silenzio da parte del giudice Juan Merchan, continua a pubblicare post al vetriolo contro Daniels e Cohen accusandoli di volta in volta di essere "bugiardi, opportunisti" e perfino "sacchi della spazzatura".

Per quanto riguardi i tempi del processo i legali dell'ex presidente puntano sulla lentezza fisiologica del sistema giudiziario americano - devono ancora essere scelti i membri della giuria su oltre 200 candidati - e su una serie di espedienti piò o meno efficaci. Il giudice ha già bocciato la loro richiesta di ricusazione per un presunto conflitto di interessi (sua figlia lavora per un'azienda legata al partito democratico) sostenendo che si basava su "una serie di riferimenti, allusioni e speculazioni non supportate". Ha invece lasciato una porta aperta su un'altra mozione della difesa, quella di non permettere a Trump di non essere presente alla seduta del 17 maggio per poter partecipare al diploma del figlio 18enne Barron. "Vedremo a che punto del processo saremo", ha risposto Merchan che ha anche stabilito che non ci saranno udienze il mercoledì.

Sull'esito del procedimento è ancora troppo presto per esprimersi. Le accuse contro il tycoon sono tutti crimini di classe E, la categoria più bassa a New York, e ognuno comporta una pena detentiva massima di quattro anni di carcere. Merchan ha già chiarito che prende sul serio "i reati di colletti bianchi", perché di questo Trump è accusato al di là degli affaire con le sue amanti, e potrebbe mandarlo dietro le sbarre ma potrebbe anche concedergli la libertà vigilata. In ogni caso, a meno di un passo indietro suo o del partito repubblicano, nulla impedirà a The Donald di continuare a correre per la Casa Bianca e, in caso di vittoria, a guidare gli Stati Uniti anche con la tuta arancione.

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