Giovani, anziani e famiglie - i padri con in braccio i figli più piccoli - premono contro le transenne per toccare l'Abrams. O meglio, quel che resta del tank americano, ormai senza cingoli, colpito dai razzi anticarro e caduto in mano ai russi. Qualche metro più in là le stesse scene si ripetono per un Leopard tedesco, e, con meno affollamento, per un blindato Bradley statunitense e un Marder proveniente dalla Germania. Sono questi i pezzi forti della mostra intitolata 'Trofei dell'esercito russo', aperta a Mosca.
Vale a dire armamenti forniti dalla Nato a Kiev e sottratti alle forze ucraine. Tutti schierati sotto una fuga di decine di stendardi rossi su cui campeggia un'unica parola: Pobeda!, vittoria! Quella della Russia, ovviamente. Nel Park Pobedy (Parco della Vittoria), dove è stata allestita l'esibizione, decine di migliaia di persone si riversano in questi giorni di festa, tra il primo maggio e l'anniversario della sconfitta del nazifascismo, il 9.
Qui c'è il museo che celebra la Grande Guerra Patriottica contro Hitler. Ma qui si ricorda anche la Guerra Patriottica contro Napoleone, che sulla vicina collina Poklonnaya, nel 1812, attese inutilmente di ricevere l'atto di resa dello Zar Alessandro, mentre il generalissimo russo, Kutuzov, aveva già deciso di abbandonare Mosca dopo averne fatto, letteralmente, terra bruciata.
Diverse epoche e diverse ideologie. Ma pur sempre Russia, e la sua eterna lotta contro chi la vuole invadere, o la assedia avanzando fino ai suoi confini. Come la Nato nell'ottica del presidente Vladimir Putin, che vede nel conflitto in Ucraina una lotta esistenziale. "E' il tempo degli eroi", si legge in una gigantografia all'entrata dell'esposizione, con l'immagine di un soldato dell'attuale Armata accanto ad un guerriero russo del Medioevo.
Mentre fra la gente che affolla il parco si vedono bambini con il berretto dei soldati della Seconda guerra mondiale, con tanto di distintivo con falce e martello, un uomo avvolto nella bandiera sovietica, altri con all'occhiello il nastrino giallo e nero dell'ordine di San Giorgio, la massima onorificenza militare istituita da Caterina la Grande ed ereditata dall'Urss e poi dall'attuale Russia.
Il ministero della Difesa, che ha organizzato l'evento, ringrazia ironicamente i principali Paesi Nato che vi hanno contribuito con le loro forniture: "I funzionari delle ambasciate di Usa, Gran Bretagna, Francia e Polonia possono accedere senza fare la fila", si legge su un cartello all'ingresso. I russi, invece, si mettono in coda ai metal detector per entrare nello spiazzo dove sono schierati tank e blindati di 11 Paesi che hanno rifornito Kiev. Ciascuno con la sua bandierina nazionale dipinta sulla fiancata.
Paesi Nato, ma anche l'Australia, l'Austria, il Sudafrica. E, a sorpresa, la Turchia, rappresentata da un veicolo BMC Kirpi. Un gesto che ha il sapore di uno sgarbo ai buoni rapporti che questo Stato del Patto atlantico mantiene con la Russia. Tutti mezzi, comunque, che per Mosca non potranno aiutare gli ucraini a vincere, ma che sono destinati a "bruciare". In particolare gli Abrams, di cui gli Usa hanno fornito 31 esemplari dopo lunghi tentennamenti. Le forze di Mosca hanno detto di averne distrutti almeno cinque, e recentemente l'agenzia Ap ha scritto che il resto è stato ritirato dal fronte perché troppo vulnerabile ai droni russi.
Intanto il Cremlino si dice sicuro che nemmeno l'ultimo pacchetto di aiuti militari da 61 miliardi di dollari approvato dagli Usa potrà volgere le sorti del conflitto a vantaggio di Kiev.
Una sorpresa, intanto, attende quelli che escono dall'esposizione dei trofei. Sulla Prospettiva Kutuzovsky, intitolata al vincitore di Napoleone. Tre uomini in uniforme e qualche medaglia sul petto sventolano una bandiera nera della Wagner, invitando gioviali visitatori a farsi scattare foto con loro. Giovani e ragazze si fanno avanti ridendo in un clima goliardico, per una istantanea che, con buona pace del defunto fondatore Yevgeny Prigozhin, ha tanto il sapore del souvenir turistico.
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