L'Occidente si spacca sulla Corte penale internazionale. O, meglio, sulle richieste avanzate dal procuratore capo Karim Khan di spiccare mandati d'arresto nei confronti di Benyamin Netanyahu e del suo ministro della Difesa Yoav Gallant da una parte e dei principali leader di Hamas dall'altra, per presunti "crimini di guerra e contro l'umanità" commessi in Israele e a Gaza dal 7 ottobre in poi. Gli Stati Uniti - che non hanno mai ratificato lo Statuto di Roma che ha dato vita alla Corte dell'Aja - "rigettano la Cpi", ha tuonato il presidente americano Joe Biden sottolineando che "non c'è equivalenza tra Israele e Hamas".
Quello che sta accadendo" a Gaza "non è genocidio", ha aggiunto Biden, riferendosi a un altro procedimento in corso, quello alla Corte internazionale di giustizia aperto dopo la denuncia del Sudafrica contro Israele. Il presidente Usa ha quindi ribadito il pieno sostegno di Washington allo Stato ebraico, tanto che la Casa Bianca si è detta aperta a valutare con i repubblicani al Congresso la possibilità di imporre sanzioni alla Corte o al suo procuratore. Quello tra Israele e Hamas è "un parallelo disgustoso", ha detto anche Gallant, chiamato in causa da Khan, ricordando che nemmeno Israele riconosce la Cpi. Il governo di Netanyahu ha quindi lanciato un appello "alle nazioni civili del mondo" a non dare seguito agli eventuali "mandati di arresto contro i leader di Israele". Gli Stati Parte della Cpi hanno però l'obbligo di eseguire i mandati sul loro territorio, rendendo di fatto difficile per il premier e il ministro della Difesa recarsi in quei Paesi se dovessero essere emessi. Da Bruxelles, il Servizio di Azione Esterna ha riferito che "l'Ue segue la procedura in corso" all'Aja e che "i 27 concordano nel rispettare l'indipendenza della Corte". E ha anche ricordato che "chi ha firmato lo Statuto di Roma ha l'obbligo di rispettarne le decisioni". "Anche se gli arresti verranno confermati dalla Camera pre-processo della Cpi - ha poi aggiunto - ciò non significa un verdetto di condanna".
In Europa però la richiesta avanzata simultaneamente da Khan per i due leader israeliani e per i tre di Hamas ha fatto sollevare più di un sopracciglio, anche tra chi - come l'Italia - sostiene e promuove la Corte penale internazionale. "Mi pare inaccettabile che si equipari un governo legittimamente eletto dal popolo in modo democratico con un'organizzazione terroristica che è la causa di tutto ciò che sta accadendo", ha commentato il ministro degli Esteri Antonio Tajani. La Germania, pur sottolineando l'indipendenza della Corte, ha biasimato la "falsa impressione di equivalenza" e insistito sul fatto che "le accuse del procuratore capo sono gravi e devono essere dimostrate".
La Francia, che ha dichiarato di sostenere "la Cpi e la sua lotta all'impunità", si è poi trovata costretta dalle polemiche interne - e dalle proteste del Consiglio delle istituzione ebraiche d'oltralpe - a precisare che "le richieste simultanee di mandato d'arresto non devono creare alcuna equivalenza tra Hamas e Israele". Perché, ha spiegato in parlamento il ministro degli Esteri Stéphane Séjourné, da una parte c'è "un gruppo terroristico che ha esultato per gli attentati del 7 ottobre e li ha rivendicati", dall'altra "uno Stato democratico, Israele", che però "deve rispettare il diritto internazionale nella condotta di una guerra che non ha voluto". Il timore è ora che le richieste del procuratore ostacolino i negoziati per una tregua e il rilascio degli ostaggi israeliani ancora in mano a Hamas. In questo senso il premier britannico le ha definite "profondamente inutili". Per il segretario di Stato Usa Antony Blinken, c'è "ancora una possibilità" di intesa, ma la decisione della Cpi rappresenta una battuta d'arresto negli sforzi per raggiungerla. Da Pechino infine è arrivato l'auspicio che "la Corte mantenga una posizione obiettiva e imparziale ed eserciti i suoi poteri in conformità con la legge", con il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin che ha chiesto la fine della "punizione collettiva del popolo palestinese". Mentre Mosca ha sottolineato "il doppio standard" e "l'atteggiamento curioso" degli Stati Uniti nei confronti della Cpi, che poco più di un anno fa ha spiccato un mandato di arresto per Vladimir Putin con il plauso di Washington.
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