Il Piano Mattei "non è risposta alla
migrazione, perché emigrare è un diritto", ma allo stesso tempo
bisogna "evitare che ci sia una migrazione forzata, dalla guerra
o dalla fame, o tramite canali illegali che arricchiscono
organizzazioni criminali in Africa, con tanti migranti che
subiscono violenze durante il viaggio e che non arrivano neanche
a destinazione". Lo ha detto il viceministro degli Esteri
Edmondo Cirielli intervenendo in un panel dei Med Dialogues.
Per l'Italia è fondamentale "investire in Africa, in sviluppo
delle infrastrutture, in cure sanitarie e soprattutto in risorse
umane", ma considerati gli scarsi risultati ottenuti finora
dell'Occidente, nonostante abbia destinato il 90% delle risorse
di cooperazione all'Africa, il governo Meloni "ha pensato di
cambiare modello", e cioé stabilire partnership dirette con i
Paesi concordando con loro gli "investimenti".
Il bilancio finora è che "siamo contenti di questo primo
anno, abbiamo convinto l'Ue dell'importanza del Piano Mattei,
che rientrerà nel Global Gateway. E lo stesso vale per il G7.
Allo stesso tempo abbiamo convinto i Paesi africani che devono
avere un nuovo protagonismo, essere coinvolti, avanzando
proposte e prendendosi responsabilità. E abbiamo coinvinto anche
le organizzazioni internazionali a rimodulare il proprio
intervento ascoltando le esigenze del territorio e collaborando
con l'Italia".
Cirielli ha ricordato alcune delle aree di intervento,
dall'Algeria alla Tunisia, dal Congo all'Etiopia, su sicurezza
alimentare e sanità, passando per la formazione professionale e
l'istruzione, così da creare anche possibili canali di
migrazione regolare. I finanziamenti italiani, oltre a quelli a
dono, prevedono inoltre crediti con interessi spalmati nel
tempo, che diventano sostanzialmente a dono per circa il 40%, ha
aggiunto. Ricordando che l'Africa è un continente ricchissimo,
tra terre arabili, risorse energetiche e rinnovabili, ma bisogna
soltanto aiutarlo a valorizzarle.
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