Sono state fissate dalla giustizia
britannica per il 9 e il 10 luglio le due udienze sul nuovo
ricorso in appello concesso il 20 maggio scorso contro la
contestata estradizione di Julian Assange negli Usa, dove il
fondatore di WikiLeaks rischia una condanna monstre fino a 175
anni di reclusione (almeno sulla carta).
Il processo riguarda l'impossibilità d'un "giusto processo"
denunciata dalla difesa in assenza di garanzie vincolanti da
parte delle autorità di Washington sul diritto di Assange, in
quanto cittadino australiano, d'invocare il Primo Emendamento
della Costituzione americana a tutela della libertà di
espressione: diritto ritenuto una condizione minima dai suoi
avvocati, a fronte dell'inopinata imputazione di spionaggio di
cui egli sarebbe chiamato a rispondere oltre oceano: imputazione
basata sul draconiano Espionage Act, vecchio di oltre un secolo
e mai utilizzato finora nella storia giudiziaria statunitense
per un caso di pubblicazione sui media di documenti riservati.
Dopo i due giorni d'udienza, il collegio d'appello della
Corte di Londra incaricato di riesaminare la questione dovrà poi
esprimere un verdetto entro un termine variabile, al momento
imprecisato.
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