Non si ferma la spirale delle tensioni tra Russia e Occidente. E con essa il timore di una nuova corsa agli armamenti. A una settimana da quando Washington e Berlino hanno annunciato un possibile dispiegamento in Germania di missili Usa a medio-lungo raggio, Mosca è tornata ad alzare la voce tuonando di "non poter escludere nessuna opzione" in risposta: neanche quella di schierare dei missili nucleari. "Non posso escludere nessuna opzione", ha dichiarato infatti il numero due della diplomazia russa, Sergey Ryabkov, rispondendo a chi gli chiedeva se il Cremlino intenda schierare missili nucleari nel caso in cui gli Stati Uniti dovessero davvero inviare razzi a media-lunga gittata in Germania a partire dal 2026. Le parole del vice ministro degli Esteri di Mosca, riportate dalle agenzie di stampa russe, non possono che far tornare in mente i difficili anni della Guerra fredda. Ma rispecchiano anche le attuali tensioni internazionali, pericolosamente riaccese dalla sanguinosa invasione dell'Ucraina ordinata da Putin. Tensioni che si leggono chiaramente anche nel duello politico tra Russia e Unione europea, con il Cremlino che ha subito bocciato le parole di Ursula von der Leyen sulla costruzione di una "vera e propria Unione europea della Difesa" sostenendo che confermano "l'attitudine generale degli Stati europei nei confronti della militarizzazione" e "del ricorso a metodi conflittuali".
Il possibile futuro dispiegamento in Germania di missili americani Tomahawk e Sm-6, nonché di armi ipersoniche, è al centro dell'attenzione mondiale. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz sostiene che si tratti di uno strumento di "deterrenza" per "garantire la pace". Ma l'annuncio fatto a margine dell'ultimo summit Nato divide la Germania: tra i politici tedeschi pare aver infatti raccolto consensi ma anche non poche aspre critiche, comprese quelle di alcuni esponenti dell'attuale coalizione di governo. Il Cremlino sembra invece aver affidato proprio a Ryabkov il compito di occuparsi della questione. Anche con duri avvertimenti. "Dovremmo calibrare le nostre risposte senza alcun vincolo interno dal punto di vista di cosa può essere schierato, quando e dove. Cioè, la gamma di opzioni è la più ampia possibile", ha detto secondo Interfax il vice ministro russo, che già la settimana scorsa aveva promesso "una risposta militare".
Ma le parole più minacciose sono probabilmente quelle pronunciate sabato scorso dal portavoce di Putin: "Abbiamo abbastanza capacità di deterrenza rispetto ai missili" americani. "Tuttavia, le potenziali vittime sono le capitali dei Paesi" europei, ha tuonato nei giorni scorsi Peskov. Non sono pochi gli osservatori che temono una nuova e pericolosa corsa agli armamenti. Soprattutto dopo che cinque anni fa Stati Uniti e Russia hanno fatto carta straccia del Trattato Inf che nel 1987 mise fine alla crisi degli euromissili e che vietava i razzi basati a terra con gittata compresa tra i 500 e i 5.500 chilometri. Fu l'allora presidente americano Donald Trump il primo a sfilarsi dall'accordo firmato da Gorbaciov e Reagan. La Casa Bianca accusava Mosca di aver violato i patti con un razzo capace di volare per 2.500 chilometri: il Novator 9M729. Il Cremlino sosteneva invece che fossero gli americani a non rispettare l'intesa con il loro Scudo Missilistico in Europa orientale. La paura è che le conseguenze potrebbero vedersi ora a distanza di anni.
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