Le forze di sicurezza venezuelane continuano a circondare l'ambasciata argentina a Caracas (che dal 1 agosto è passata sotto il controllo del Brasile), dove hanno chiesto asilo sei dirigenti politici legati alla leader dell'opposizione, María Corina Machado.
Si teme che da un momento all'altro gli agenti possano entrare nell'edificio e portare via con la forza i rifugiati, come aveva fatto la polizia ecuadoriana ad aprile, quando fece irruzione nell'ambasciata messicana a Quito per arrestare l'ex vicepresidente Jorge Glas.
In una nota ufficiale, il governo argentino ha ricordato a quello venezuelano di rispettare la Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, che sancisce l'inviolabilità dei luoghi di missione, avvertendolo delle gravi conseguenze in caso di trasgressione.
"Qualsiasi tentativo di intrusione o di arresto dei richiedenti asilo che rimangono nella nostra residenza ufficiale sarà duramente condannato dalla comunità internazionale. Azioni come queste rafforzano la convinzione che i diritti umani fondamentali non vengono rispettati nel Venezuela di Maduro", si legge nel testo.
L'assedio alla missione diplomatica è iniziato dopo che Buenos Aires ha sollecitato la Corte penale internazionale dell'Aja a emettere un mandato di arresto contro il presidente, Nicolas Maduro, per crimini contro l'umanità.
A denunciare per primi la situazione sui social sono stati due oppositori venezuelani rifugiati nell'ambasciata argentina.
L'elettricità è stata nel frattempo interrotta nell'edificio, i cui accessi sono sorvegliati da agenti armati. Secondo Pedro Urruchurtu, coordinatore internazionale della leader dell'opposizione María Corina Machado, sul posto ci sono pattuglie e uomini incappucciati, alcuni dei quali apparterrebbero al Servizio di intelligence nazionale bolivariano (Sebin).
Urruchurtu è uno dei sei dirigenti politici che da marzo hanno chiesto asilo all'ambasciata e per i quali il governo argentino ha già chiesto un passaggio sicuro per poter lasciare il Venezuela.
Gli altri sono l'ex deputato Omar González, il responsabile della campagna elettorale, Magalli Meda, la coordinatrice di Voluntad Popular, Claudia Macero, il coordinatore elettorale dello stesso partito, Humberto Villalobos, e l'ex ministro Fernando Martínez Mottola, assessore della Piattaforma unitaria democratica (Pud), la principale coalizione dei partiti di opposizione.
Il governo di Maduro ha anche deciso di togliere al Brasile la gestione della rappresentanza diplomatica e consolare, dopo che ad agosto, il governo di Luiz Inacio Lula da Silva aveva dato la sua disponibilità ad assumerne la custodia dopo l'espulsione degli addetti argentini.
Una misura presa dal governo venezuelano anche nei confronti di altri sei Paesi per aver denunciato alle elezioni del 28 luglio, che hanno attribuito una contestata vittoria a Maduro, concedendogli un terzo mandato di altri sei anni.
Secondo Urruchurtu, tuttavia, "il Brasile continua a rappresentare gli interessi dell'Argentina". "Se il Venezuela vuole revocare la sua autorizzazione, deve aspettare che venga definito un Paese sostitutivo", ha aggiunto in un post su X.
Vente Venezuela, il partito guidato da Machado, si è unito alle denunce. "Pattuglie con agenti del regime continuano ad arrivare alla sede dell'ambasciata argentina a Caracas. Riteniamo Nicolás Maduro responsabile di questo assedio contro i nostri dirigenti rifugiati nell'ambasciata", si legge in un comunicato.
Machado: 'Serve un salvacondotto per i rifugiati nell'ambasciata'
La leader dell'opposizione venezuelana, María Corina Machado, ha chiesto che le "nazioni democratiche" prendano "i passi necessari" per il rilascio di un salvacondotto per le sei persone che si sono rifugiate nell'ambasciata argentina a Caracas, assediata dalle forze di sicurezza del 'chavismo' al potere.
Allo stesso modo, ha messo in guardia "il mondo" sulle "conseguenze" che le "violazioni" dei trattati internazionali potrebbero avere per il Venezuela e "l'intera regione".
Washington esprime 'incrollabile sostegno' a Brasile e Argentina
Gli Stati Uniti hanno espresso il loro "incrollabile sostegno" a Brasile e Argentina dopo che il governo venezuelano ha revocato a quello brasiliano la custodia dell'ambasciata argentina a Caracas, da venerdì notte assediata dalle forze di sicurezza 'chaviste'.
"Esprimiamo il nostro incrollabile sostegno ai governi di Brasile e Argentina di fronte alle azioni minacciose dei rappresentanti di (Nicolas) Maduro in Venezuela", ha scritto sui social Brian Nichols, sottosegretario di Stato americano per gli Affari dell'emisfero occidentale.
E ha aggiunto: "Maduro deve porre fine alla repressione e alle intimidazioni contro il popolo venezuelano".
Cinque Paesi latinoamericani condannano l'assedio
Le autorità di Cile, Costa Rica, Panama, Paraguay e Uruguay hanno condannato la decisione del governo del Venezuela di revocare al Brasile la custodia e gestione dell'ambasciata dell'Argentina a Caracas, assediata dalle forze di sicurezza.
"Rappresenta una grave violazione di quanto stipulato nella Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961 e nella Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963", ha affermato il governo del presidente progressista cileno, Gabriel Boric.
Più dura la posizione di Panama, governata da José Raúl Mulino (destra), secondo cui Caracas ha commesso una "evidente violazione" e "disprezzato gli standard internazionali".
L'Uruguay del conservatore Luis Alberto Lacalle Pou ha invece esortato il governo Maduro a fornire una "soluzione della situazione attuale" in linea con "la tradizione di coesistenza pacifica tra le nazioni dell'America Latina", mentre il Costa Rica del socialdemocratico Rodrigo Chaves Robles ha definito "spericolata" la misura "unilaterale" del "regime" venezuelano.
Il Paraguay del conservatore Santiago Peña, infine, ha ribadito di riconoscere il Brasile come "garante" della difesa degli interessi argentini.
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