Per più di un decennio divisi tra libanesi, recalcitranti a ospitare una massa considerevole di profughi, e indesiderati siriani in fuga dalla Siria in guerra, circa 150mila tra libanesi e siriani sono ora fianco a fianco a fare la fila ai posti di frontiera tra i due Paesi per fuggire dal Libano sotto il fuoco di Israele e cercare riparo in Siria.
L'alto commissariato per i diritti umani dell'Onu ha detto che da metà settembre, da quando sono cominciati gli attacchi massicci israeliani nel sud del Libano, nella valle orientale della Bekaa e in varie zone di Beirut, sono circa 100mila i siriani tornati in Siria. Il Libano, che ha una popolazione di circa sei milioni di persone e che ha una superficie corrispondente grosso modo all'Abruzzo, da almeno dieci anni ospita più di un milione di profughi siriani.
La loro presenza, associata al prolungarsi in Libano della più grave crisi finanziaria della storia del paese, ha acuito enormemente le tensioni tra le due comunità, con sempre più frequenti episodi di violenza e discriminazione compiuti da libanesi contro famiglie vulnerabili di siriani.
La guerra di Israele in Libano ha sparigliato le carte anche in questa dinamica: accanto ai 100mila siriani in fuga, circa 40mila libanesi, per lo più originari della Bekaa e del sud del Paese, si sono uniti in fila ai convogli di siriani che cercano di raggiungere le zone siriane di Homs e Damasco. Si tratta delle due città più vicine al Libano e quelle dove, per diverse ragioni familiari, si dirige gran parte dei libanesi e dei siriani che fuggono. "Passiamo dall'incudine in Libano al martello in Siria", afferma Abu Ali, padre di famiglia in attesa da ore, assieme alla moglie e ai figli, di passare al punto di frontiera di Dabbusie per raggiungere Homs. "In Siria non abbiamo più una casa né un lavoro. E i miei genitori faticano a sopravvivere", afferma Abu Ali in riferimento al fatto che anche in Siria, devastata dal conflitto in corso da più di 13 anni e travolta da una crisi economica aggravata dalle sanzioni occidentali, le condizioni di vita sono molto difficili.
I libanesi che fuggono in Siria lo fanno - sperano - in via temporanea. "Spero di tornare tra qualche giorno, al massimo tra una settimana", afferma Hisham, in fila al valico di frontiera di Masnaa e diretto a Damasco. Come gran parte dei libanesi che scappano, Hisham è sciita ed è originario del sud del Libano. Il punto di raccolta per lui e molte altre famiglie dello stesso villaggio è la periferia sud di Damasco, dove Hezbollah da 12 anni ha stabilito una vera e propria roccaforte politica, sociale ed economica. "Andremo a stare da amici che vivono vicino al santuario di Sayyida Zeinab", afferma Hisham, in riferimento al santuario sciita di Damasco, sotto influenza diretta dell'Iran.
Altri libanesi, provenienti dalla Bekaa, confinante con la Siria, raggiungono Qusayr, una località siriana tra Homs e il confine libanese. Qui nel 2013 Hezbollah ha condotto un'aspra battaglia con gruppi armati locali, che si opponevano allora alle forze governative di Damasco. Il Partito di Dio ha spazzato via non soltanto i gruppi armati siriani rivali ma ha di fatto costretto quasi tutta la popolazione di Qusayr a lasciare la zona. "Noi andiamo a Qusayr, raggiungiamo mio cugino", afferma Mona al valico di Qasr. Mona è madre di famiglia e lascia dietro suo marito Ali. "Lui aspetta di capire come si evolve la situazione. Tutti noi speriamo di tornare presto alle nostre case".
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