Le ostilità in Libano e Gaza non accennano a rallentare, ma la diplomazia non si dà per vinta. Sono ancora una volta gli Stati Uniti a guidare gli sforzi per una de-escalation, con l'undicesima missione in Medio Oriente di Antony Blinken. "E' il momento per porre fine alla guerra nella Striscia", da cui tutto è cominciato oltre un anno fa, è il messaggio rivolto ai principali interlocutori. All'alleato israeliano, a cui viene chiesto di contenere la rappresaglia all'Iran, mentre con i sauditi la chiave è la normalizzazione dei rapporti con lo Stato ebraico. Appelli al momento stridenti, tuttavia, con il diluvio di bombe nella Striscia e con il fuoco incessante di Hezbollah e dell'Idf nel Paese dei cedri.
Gli Stati Uniti considerano la morte di Yahya Sinwar un possibile punto di svolta a Gaza, che può aprire la strada alla pace, a liberare gli ostaggi e a consentire ai civili "di ricostruire le loro vite libere da Hamas". Blinken lo ha detto a Benyamin Netanyahu a Gerusalemme e lo ha ribadito al principe Mohammed bin Salman nella tappa saudita del suo tour. I due leader sono stati invitati a cogliere "l'incredibile opportunità" di stabilizzare le relazioni bilaterali. Riavviando il percorso virtuoso degli accordi di Abramo tra Israele e alcuni Paesi arabi che si era interrotto bruscamente dopo il 7 ottobre. Quella dell'intesa con Riad, secondo Washington, è una delle poche leve che potrebbero convincere
Netanyahu ad accettare un cessate il fuoco nella Striscia. Su questo tema, oltre che sul Libano, Blinken si confronterà anche con il Qatar, prima di volare a Londra per incontrare i capi della diplomazia araba. Sul fronte opposto si muove anche Hamas: un suo alto funzionario è volato a Mosca per discutere della "fine della guerra con Israele nella Striscia e degli sforzi per unire i palestinesi", ha spiegato una fonte della fazione. Che ormai non considera più un tabù una convivenza con l'Anp.
La pacificazione tra Israele e arabi in chiave strategica punta a isolare l'Iran, nella speranza che smetta di alimentare le milizie sciite nella regione. Nel frattempo anche Teheran tesse la sua tela, ed il presidente Masoud Pezeshkian, sfruttando il palco del vertice dei Brics in Russia, ha chiesto alla comunità internazionale di "fermare i crimini e gli omicidi" di Israele. La malcelata speranza del regime degli ayatollah è che il nemico non lo colpisca, ma da questo punto di vista i segnali continuano ad essere di segno opposto. Il ministro della Difesa Yoav Gallant, visitando una base, ha assicurato che "dopo aver colpito l'Iran, tutti capiranno cosa avete fatto nel processo di preparazione e addestramento". La vendetta per i missili lanciati il primo ottobre è irrinunciabile e farà male, è il senso del messaggio.
In attesa di mettere nel mirino la Repubblica Islamica, l'Idf ha intensificato le operazioni in Libano e a Gaza. Nella Striscia ha cinto d'assedio il campo profughi di Jabalya a caccia di miliziani di Hamas, facendo evacuare ventimila civili.
Le bombe in tutta l'enclave hanno costretto l'Oms a sospendere la campagna anti-polio e secondo Al Jazeera in 24 ore si sono contati 42 morti. Proprio l'emittente qatariota è tornata nel mirino di Israele, che l'accusa di fiancheggiare le milizie palestinesi. In questo caso l'Idf ha annunciato di aver diffuso prove della collusione di sei giornalisti della tv di Doha con Hamas e la Jihad, "in servizio come agenti militari per le organizzazioni terroristiche".
Quanto al Libano, i caccia israeliani si sono spinti fino a Tiro, vicino all'area delle rovine romane patrimonio dell'Unesco. Con il consueto alert diffuso alcune ore prima ai residenti con la richiesta di evacuare. I miliziani sciiti hanno continuato a lanciare salve di razzi, oltre confine, ancora una volta fino a Tel Aviv. Il Partito di Dio ha poi confermato l'uccisione nelle scorse settimane di Hashem Safieddine, che era considerato il più probabile successore di Hassan Narsallah. Non per questo il movimento ha rinunciato a combattere, ma il costo per tutto il Libano, già piegato da anni di crisi economia, sarà altissimo: secondo l'Onu il pil rischia di crollare del 9% nel 2024.
Al Jazeera respinge le accuse dell'Idf, 'infondate e costruite'
La tv al Jazeera respinge le "accuse infondate" e "costruite" dell'esercito israeliano secondo cui sei suoi giornalisti di stanza a Gaza sarebbero membri di Hamas e della Jihad islamica palestinese.
"Al Jazeera respinge categoricamente la rappresentazione dei nostri giornalisti come terroristi da parte delle forze di occupazione israeliane e denuncia l'uso di prove fabbricate", ha affermato la tv in una nota postata su X. "La rete considera queste accuse costruite come un palese tentativo di mettere a tacere i pochi giornalisti rimasti nella regione e di oscurare così la dura realtà della guerra al pubblico di tutto il mondo", si legge nella dichiarazione.
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