Fonti mediche hanno riferito a Al Jazeera che almeno 143 persone sono state uccise oggi negli attacchi israeliani a Gaza, 132 delle quali nel nord della Striscia.
Un nuovo round di colloqui per una tregua a Gaza è atteso questa settimana in Egitto. Questione di giorni. Ma ancora troppi per i civili palestinesi bloccati nella Striscia sotto la minaccia costante che un raid israeliano spezzi le loro vite. Stavolta è toccato a Beit Lahia, dove Israele ha avviato circa tre settimane fa una nuova offensiva militare per reprimere i tentativi di Hamas di riorganizzarsi nel nord di Gaza.
Un attacco aereo sulla città ha centrato nella notte un palazzo di cinque piani causando almeno "93 morti", secondo un bilancio fornito dalla protezione civile palestinese gestita dal movimento islamico. Tra le vittime anche 20 bambini, ha riferito l'Unicef, mentre circa 40 persone sono disperse, intrappolate sotto le macerie dell'edificio distrutto dove testimoni raccontano di corpi insanguinati e smembrati. L'esercito israeliano ha affermato di aver aperto un'indagine sull'accaduto, ritenendo tuttavia "impreciso" il numero dei morti e invitando i media a prendere con le molle i dati forniti da Hamas che reputa parte della propaganda della fazione islamica, "come è stato dimostrato in diversi eventi precedenti". Beit Lahia, ha quindi ricordato l'Idf, "è una zona di combattimento attiva".
Un cessate il fuoco è dunque ancora lontano. Il capo del Mossad David Barnea dovrebbe guidare la delegazione di mediatori israeliani anche al prossimo tavolo negoziale in Egitto dopo l'ultimo weekend di colloqui in Qatar. Oltre alla proposta cosiddetta "egiziana" per un accordo che prevede due giorni di tregua a Gaza in cambio di 4 ostaggi israeliani, allo studio ci sarebbe - secondo Axios che cita tre funzionari israeliani - anche una nuova formulazione più ampia avanzata dal capo della Cia Bill Burns, anche lui di ritorno da Doha: una pausa dei combattimenti di 28 giorni e la scarcerazione di decine di detenuti palestinesi contro il rilascio di 8 ostaggi.
Ma non si tratta solo su Gaza: fonti israeliane al Times of Israel hanno riferito che "Israele è alla ricerca di garanzie diplomatiche durature" anche per porre fine allo scontro contro Hezbollah che ha appena nominato Naim Qassem successore del leader ucciso Hassan Nasrallah. L'inviato speciale degli Stati Uniti Amos Hochstein, hanno aggiunto le stesse fonti, sarà infatti in Israele la prossima settimana proprio per premere per una fine negoziata dei combattimenti in Libano. Il premier Benyamin Netanyahu ha convocato una "riunione di sicurezza" per discutere di un'eventuale soluzione di diplomatica con le milizie filo iraniane, nonostante le minacce al loro nuovo leader che, secondo il ministro della Difesa Yoav Gallant, avrebbe già le ore contate. Nel frattempo l'Idf continua a martellare varie zone del Paese dei Cedri con oltre 70 persone uccise e 180 ferite in 24 ore, secondo fonti locali. Nel mezzo, la missione Onu dell'Unifil: otto caschi blu austriaci sono rimasti lievemente feriti, stavolta "da un razzo probabilmente lanciato da Hezbollah o da un gruppo affiliato" che ha colpito la base di Naqura.
Le Nazioni Unite restano però nel mirino di Israele che ha messo al bando qualsiasi attività dell'Unrwa nel Paese con una legge approvata dalla Knesset, il parlamento, che ha sollevato un'ondata di condanne e indignazione in tutto il mondo.
L'agenzia Onu "è il principale mezzo con cui viene fornita assistenza essenziale ai rifugiati palestinesi e non esiste alternativa. L'attuazione della legge potrebbe avere conseguenze devastanti", ha avvertito il segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres, mentre l'Unione europea ha chiesto a Israele di riconsiderare la sua decisione che va "contro il diritto internazionale". Gli Stati Uniti hanno poi ricordato a Netanyahu il suo obbligo di "affrontare la catastrofica crisi umanitaria a Gaza", respingendo "qualsiasi tentativo israeliano di far morire di fame i palestinesi". "Le parole di Israele devono essere accompagnate da azioni sul campo", ha avvertito Washington. Ma "questo, al momento, non sta accadendo".
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