Colpo di scena a Berlino: Olaf Scholz licenzia il ministro delle Finanze Christian Lindner. È la risposta del cancelliere alla richiesta di andare al voto anticipato, avanzata dall'alleato ribelle a meno di due ore dall'inizio di un vertice di coalizione che avrebbe dovuto ricomporre la crisi di governo avviata dai liberali. Il cancelliere ha motivato la decisione con la necessità di "evitare danni al nostro paese". "Troppe volte ha tradito la mia fiducia", ha affermato. E poi ha dichiarato che intende chiedere la fiducia in Parlamento a metà gennaio.
Immediata la risposta di Lindner: " Scholz non ha la forza di guidare il Paese verso una nuova partenza" ha detto, in dichiarazioni rilasciate in cancelleria dopo l'annuncio ufficiale del suo licenziamento da parte del Kanzler. Lindner ha poi accusato il cancelliere di aver proceduto ad un "calcolata rottura del governo", partendo il paese "nell'insicurezza". Era stata la Bild a rendere noto che il leader liberale si fosse spinto rapidamente a chiedere il voto anticipato all'inizio del 2025. I diversi incontri di questi giorni per risolvere la crisi del governo tedesco hanno mostrato che fra Spd, Verdi e liberali non ci sono abbastanza punti in comune per arrivare alla svolta economica chiesta a gran voce dal ministro delle finanze, scriveva il tabloid.
Si tratta dell'enfant terrible - è il caso di ricordare - che fece saltare le trattative della coalizione "giamaica" (con Verdi e Cdu) nell'era Merkel. E che da settimane ha inasprito i toni con i colleghi di governo a causa delle durissime sconfitte elettorali nei Laender dell'est e dei sondaggi federali che danno l'FDP al 4% e dunque fuori dal parlamento alle prossime elezioni. La mossa di Lindner era quanto meno temeraria. Ancor di più nella Berlino stordita dal successo di Donald Trump, che rappresenta per la Germania una nuova enorme sfida.
I socialdemocratici e i verdi sono infatti dell'idea che il cambio radicale a Washington imponga ai tre partiti arrivati ai ferri corti di restare in sella, per dotare i tedeschi di un bilancio e difendersi dalle conseguenze (che saranno anche economiche) delle elezioni americane. I liberali propendevano invece per la linea contraria: proprio il voto degli Usa impone ai tedeschi di cambiare rotta subito, reagendo alla crisi con una stretta sui conti. La crisi però matura da mesi, e il vertice decisivo, in corso dalle 18 in cancelleria, era annunciato. Fin dalle prime battute era trapelato che il leader dei liberali pensava di lasciare il governo senza un accordo sul suo pacchetto per la "Svolta economica", mentre i ministri della Giustizia e dei Trasporti, pure in quota Fdp, erano contrari e avrebbero spinto per restare. Ma il ministro ha avuto il sostegno del gruppo parlamentare al negoziato di stasera, clamorosamente fallito.
A Berlino si respira da giorni una grande incertezza: Scholz, Habeck e Lindner si sono incontrati già tre volte in tre giorni, per discutere della crisi. Il cancelliere e il ministro delle finanze ribelle si sono visti già domenica sera, con una bilaterale. Ed è già intervenuto anche il presidente della Repubblica, Frank Walter Steinmeier, che tiene i contatti col Kanzler e ha ricevuto il capo dell'opposizione Friedrich Merz (della Cdu), probabile prossimo cancelliere.
Il nodo sul buco del bilancio tedesco ancora da saldare vede fronti contrapposti sulle soluzioni da settimane: Scholz ha tenuto un vertice con l'industria, escludendo i due sodali, Habeck ha proposto un fondo di investimenti, e Lindner voleva tagliare le spese sulle politiche del clima, sul reddito di cittadinanza e i sussidi all'Est, e ridurre le tasse sulle società. Un compromesso sembrava a tutti impossibile, anche perché i socialdemocratici avevano già respinto con decisone il documento del ministro, ritenuto un vero e proprio punto di rottura. I rumors si sono rincorsi per tutta la giornata. Fino al licenziamento eclatante. Settimane fa una fonte autorevole dell'SPD aveva chiarito che i socialdemocratici avrebbero fatto capire chi detta la linea nella coalizione del Kanzler senza escludere una cacciata dei liberali. È quello che è accaduto. Spd e Verdi potrebbero decidere di andare avanti con un governo di minoranza.
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