"Israele provoca intenzionalmente morte, fame e lesioni gravi". Non fa giri di parole il rapporto del Comitato speciale dell'Onu che accusa l'Idf: i metodi utilizzati a Gaza "corrispondono alle caratteristiche di un genocidio", per le "massicce vittime civili e le condizioni imposte ai palestinesi". Accuse "infondate" le ha definite il Dipartimento di Stato di Washington. Il documento Onu, che sarà presentato lunedì all'Assemblea generale a New York, evidenzia come la campagna di bombardamenti israeliani a Gaza abbia decimato i servizi essenziali e innescato una catastrofe con effetti sanitari duraturi. Nel mese di febbraio le forze israeliane hanno utilizzato più di 25.000 tonnellate di esplosivo nella Striscia, "l'equivalente di due bombe nucleari", ovvero circa il doppio della bomba sganciata su Hiroshima, afferma il rapporto. "Distruggendo i sistemi idrici, igienico-sanitari e alimentari, e contaminando l'ambiente, Israele ha creato un mix mortale di crisi che causerà gravi danni alle generazioni a venire", si legge nel report.
Israele intanto è in attesa di una risposta del Libano alla proposta di cessate il fuoco presentata al governo di Beirut dagli Usa. E secondo indiscrezioni il piano per la tregua, a cui ha preso parte anche Parigi, viene spinto da Israele con l'obiettivo di garantire al presidente eletto Donald Trump una vittoria in politica estera ancor prima di insediarsi. "C'è un accordo sul fatto che Israele regalerebbe qualcosa a Trump, che a gennaio ci sarà un accordo sul Libano", ha detto un funzionario israeliano al Washington Post dopo che Ron Dermer, ministro degli Affari strategici di Benyamin Netanyahu, aveva fatto tappa a Mar-a-Lago domenica, prima di essere ricevuto alla Casa Bianca. In una telefonata di giovedì pomeriggio, il ministro degli Esteri Gideon Sa'ar ha riferito al suo omologo francese Jean-Noel Barrot che ci sono "progressi" nei tentativi di raggiungere un cessate il fuoco in Libano", sottolineando però che deve essere garantita l'attuazione di qualsiasi punto dell'accordo, incluso quello di tenere Hezbollah lontano dal confine e impedirgli di riarmarsi attraverso la Siria. Tuttavia, mentre fonti israeliane hanno fatto sapere in giornata che i colloqui sono "nella fase finale della stesura", a Beirut il quotidiano al Akhbar, vicino a Hezbollah, ha riferito che le consultazioni del presidente del Parlamento Nabih Berri e del premier Najib Mikati, insieme con la leadership del Partito di Dio, si sono concluse con condizioni che potrebbero rendere difficili i negoziati: tra queste un cessate il fuoco totale, il ritiro delle forze israeliane da tutto il territorio libanese, l'attuazione della risoluzione 1701 senza alcun cambiamento, nessuna concessione di sicurezza agli Stati Uniti o a Israele per azioni in Libano. Una fonte di Hamas ha rivelato a Channel 12 che anche la fazione palestinese sta coordinando i suoi passi con Hezbollah riguardo alle proposte di cessate il fuoco a Gaza.
Intanto l'Idf ha continuato a bombardare il Libano, uccidendo 9 persone a Baalbek. L'esercito ha inoltre colpito edifici usati da Hezbollah nella periferia meridionale di Beirut e un sito adiacente all'aeroporto internazionale proprio mentre un aereo passeggeri era in fase di rullaggio. I caccia dell'aeronautica hanno preso di mira anche due appartamenti nella zona vip di Damasco distruggendo - ha affermato l'Idf - il quartier generale della Jihad islamica palestinese nella capitale siriana. Un attacco avvenuto in concomitanza con la visita in Siria di Ali Larijani, consigliere della guida suprema iraniana Ali Khamenei, che ha incontrato il presidente Bashar al Assad.
Ex ostaggi Israele, 'serve intesa per liberare gli altri rapiti'
"Mio padre è ancora a Gaza. Ci manca tantissimo, ma per riportarlo a casa serve un accordo adesso". Lo ha affermato Gaya Kalderon, 22 anni, che ha vissuto la drammatica esperienza del rapimento dei suoi cari il 7 ottobre scorso e che oggi a Roma ha incontrato la stampa dopo una visita in Vaticano con il Papa. "Quando mia sorella e mio fratello sono stati rilasciati la prima cosa che ci hanno raccontato è stato l'inferno che hanno vissuto - ha detto -. La mia famiglia è molto preoccupata. Ci manca tantissimo". A far parte della delegazione degli ex ostaggi anche Norberto Louis Har che ha vissuto la "barbarie" e la "disumanità" di Hamas: "Sono fortunato di essere qui per potervi raccontare quello che ho vissuto, ma ho anche il cuore spaccato a metà: una parte di noi è ancora lì a Gaza. Vi supplichiamo di fare tutto il possibile per riportarli a casa". Poi l'appello: "Trump o Biden, non importa, basta che facciano qualcosa". Anche Sharon Lifschitz, il cui padre è ancora nelle mani di Hamas, si associa all'appello agli Usa e a tutti i governi, fra cui l'Italia, a "convincere chi deve essere convinto" per riabbracciare quelli che sono ancora nella Striscia. "Fare presto, prima che l'inverno arrivi. Alle preghiere devono corrispondere delle azioni", ha aggiunto.
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