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Hong Kong: Lai testimonia nel processo sulla sicurezza nazionale

Hong Kong: Lai testimonia nel processo sulla sicurezza nazionale

Il magnate dei media: 'I valori di Apple Daily sono gli stessi della città'. Rischia l'ergastolo

PECHINO, 20 novembre 2024, 09:24

Redazione ANSA

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Jimmy Lai © ANSA/EPA

Jimmy Lai © ANSA/EPA

      Il magnate dei media pro-democrazia Jimmy Lai è tornato in tribunale ed è salito oggi per la prima volta sul banco dei testimoni, nell'ambito del processo a suo carico sulle violazioni alla legge sulla sicurezza nazionale per collusione con forze straniere, un'accusa che potrebbe comportare l'ergastolo.

    "I valori fondamentali dell'Apple Daily sono in realtà i valori fondamentali del popolo di Hong Kong: stato di diritto, libertà, ricerca della democrazia", ha detto Lai, 76 anni, riferendosi alla postura del suo quotidiano, nel frattempo costretto a chiudere e per anni un riferimento per gli attivisti pro-democrazia.

 

    La testimonianza di Lai, la prima malgrado i cinque precedenti processi in quasi quattro anni, è giunta all'indomani delle condanne fino a 10 anni di reclusione inflitte dall'Alta Corte di Hong Kong a carico di 45 attivisti pro-democrazia, colpevoli di sovversione per aver organizzato le primarie nel 2020 in vista delle elezioni parlamentari, nell'ambito del più grande caso sulla sicurezza nazionale finora trattato nell'ex colonia britannica. 

'Un'idea folle sostenere l'indipendenza di Hong Kong'

     Lai ha negato aver avuto un ruolo "nel folle complotto" per rendere Hong Kong indipendente dalla Cina. Nella sua prima testimonianza al processo a suo carico sulla violazione della sicurezza nazionale per la collusione con forze straniere, ha detto di essersi "sempre opposto alla violenza sotto ogni forma". Rifiutando il sostegno all'indipendenza di Hong Kong, il tycoon, fondatore dell'Apple Daily, ha detto che "la difesa dell'indipendenza a Hong Kong e a Taiwan era una cospirazione per farci cadere in una trappola. L'idea era troppo folle, quindi non l'abbiamo menzionata sul nostro giornale".

    Lai, il bersaglio più grande della repressione radicale del dissenso da parte di Pechino nell'ex colonia britannica, ha rilasciato i suoi primi commenti pubblici in quasi quattro anni nel processo attentamente monitorato da funzionari consolari di Stati Uniti, Regno Unito e alcuni Paesi europei.

    Sul tycoon pendono molteplici capi d'imputazione ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale, imposta da Pechino a giugno del 2020, per collusione con forze straniere e cospirazione per la pubblicazione di materiale sedizioso.

   Il processo dovrebbe durare 93 giorni, secondo il sito web ufficiale della magistratura di Hong Kong. Se condannato, rischia la pena fino all'ergastolo.

   Inizialmente arrestato nell'agosto del 2020, Lai ha visto revocata la cauzione dopo pochi mesi, a dicembre. È già stato
condannato in altri casi, tra cui per 'assemblea non autorizzata' in relazione a una protesta di massa del 18 agosto 2019 e per frode sulla presunta violazione di un contratto di locazione per la sede centrale del suo Apple Daily, riferimento per anni del movimento pro-democrazia.

   Il suo processo per la sicurezza nazionale è iniziato a dicembre 2023 dopo numerosi ritardi. È stato rinviato a luglio, quando l'Alta Corte ha respinto le tesi degli avvocati secondo cui non vi erano prove sufficienti.

   'La detenzione preventiva di anni di un uomo di 76 anni semplicemente perché il suo giornale ha osato criticare il governo e riportare dibattiti pubblici mette a nudo la disintegrazione del rispetto dei diritti umani a Hong Kong', ha affermato Sarah Brooks, direttrice per la Cina di Amnesty International. 

 

'Un lacchè delle forze anti-cinesi'

     Pechino accusa Jimmy Lai di essere "un agente e un lacchè delle forze anti-cinesi". Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lin Jian ha definito il magnate dei media pro-democrazia "il principale cospiratore e partecipante della rivolta anti-cinese a Hong Kong". Lai, il più grande bersaglio della stretta sul dissenso di Pechino nell'ex colonia britannica, ha testimoniato oggi per la prima volta in quasi quattro anni nel processo a suo carico ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale, imposta da Pechino a giugno del 2020, per collusione con forze straniere e cospirazione per la pubblicazione di materiale sedizioso

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