Per il cessate il fuoco tra Hezbollah e Israele sembrerebbe essere ormai questione di ore.
L'annuncio ufficiale, secondo ben informati media arabi, dovrebbero farlo martedì mattina due presidenti, Joe Biden e Emmanuel Macron. Ma non è detto. La riunione del gabinetto di sicurezza politica per approvare l'accordo è stato convocato solo nel pomeriggio, e ai ministri è stato chiesto di mettere in conto un impegno fino alle 9 di sera poiché la discussione è impegnativa. Non solo, Benyamin Netanyahu forse non ha gradito la notizie pubblicate dal saudita al Sharq al Awast secondo cui saranno Washington e Parigi a intestarsi il successo diplomatico, prima ancora che Israele apponga la firma sul protocollo.
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Gli Usa, avvertiti della suscettibilità politica dell'alleato, hanno corretto il tiro con una dichiarazione del portavoce del Consiglio per la sicurezza John Kirby: "L'accordo in Libano è vicino ma non sarà finalizzato fino a che non saranno concordati tutti i dettagli: le discussioni continuano. Il presidente Biden sta seguendo la situazione da vicino", ha affermato. Nonostante solo poche ore prima gli Usa avessero informato alti funzionari libanesi che il cessate il fuoco avrebbe potuto essere dichiarato "entro poche ore". Tanto che i media del Paese hanno diffuso innumerevoli video di libanesi in festa per la fine della guerra. L'Eliseo nel mentre ha reso noto che "le discussioni per un cessate il fuoco hanno fatto progressi significativi".
Ad ogni modo la fine dei combattimenti potrebbe essere davvero vicina dopo la battuta d'arresto di giovedì scorso: mentre il premier israeliano stava incontrando l'inviato della Casa Bianca Amos Hochstein, il colloquio è stato drammaticamente interrotto dalla notizia che la Corte penale internazionale dell'Aja aveva emesso mandati di arresto contro Netanyahu e l'ex ministro della Difesa Yoav Gallant. Il livello della tensione si è impennato, come riferito da fonti Usa e israeliane, Bibi ha reagito in maniera emotiva e non riusciva più a concentrarsi sul colloquio con Hochstein. Subito dopo, quando il ministero degli Esteri francese ha annunciato che Parigi avrebbe attuato la sentenza della Corte, il primo ministro è andato su tutte le furie - ha raccontato Ynet - e ha detto che non avrebbe accettato alcun coinvolgimento francese nell'accordo. Di più: Israele sospetta che sia stato proprio Macron a dare l'ok al giudice francese dell'Aja per sostenere l'emissione dei mandati.
Insomma, le cose si sono davvero complicate. Fino a che, venerdì, Biden ha parlato con il presidente francese affermando che in questa occasione Netanyahu ha ragione: è impossibile per Parigi mediare e supervisionare l'attuazione dell'accordo se contemporaneamente si impegna ad arrestare il capo del governo di una delle parti. Quindi i francesi hanno rilasciato una seconda dichiarazione, più moderata, nel tentativo di riparare il danno. Con il risultato che adesso uno dei punti maggiormente sofferti dell'accordo - la partecipazione francese nell'organismo di controllo del cessate il fuoco - sembra essere rientrato, in qualche modo. Insomma, dopo quasi 14 mesi di combattimenti, l'intesa è quasi pronta.
Israele, stando a quanto è trapelato, si ritirerà dal Libano meridionale entro 60 giorni. Al suo posto l'esercito libanese e l'Unifil entreranno nell'area per ripulirla fino al fiume Litani dai siti di Hezbollah. Verrà istituito un comitato internazionale, a guida Usa, di cui faranno parte Francia e Gran Bretagna, il cui compito sarà di far rispettare l'accordo. Un documento collaterale, che sarà firmato dagli Stati Uniti e che non fa parte del trattato con il Libano e Hezbollah, darà a Israele libertà di azione per rispondere immediatamente all'eventuale lancio di missili o ordigni. Nell'intesa potrebbe entrare anche l'intenzione di aumentare il potere dell'Unifil.
"Ho dato piena disponibilità dell'Italia ad essere protagonista per sorvegliare l'esecuzione dell'accordo insieme agli Usa e ad altri Paesi. Vogliamo giocare un ruolo", ha detto da parte sua il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Su Israele continua comunque a pesare, anche per gli acerrimi oppositori di Netanyahu, la decisione della Cpi, interpretata come un'ingiusta condanna per l'intera popolazione. Sulla questione è intervenuto con una violenta uscita Ali Khamenei, guida suprema dell'Iran, affermando che gli arresti per Netanyahu e Gallant non sono sufficienti: "Dovrebbero essere giustiziati per crimini di guerra", ha sentenziato.
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