Rassicurazioni all'Occidente su Israele, migranti e lotta al terrorismo, in cambio della fine delle sanzioni internazionali contro la Siria e del pieno riconoscimento politico del suo potere: sembra avere le idee chiare il nuovo uomo forte di Damasco, Ahmad Sharaa (Jolani), jihadista appoggiato dalla Turchia, su come negoziare con Stati Uniti e Paesi europei.
Mentre un suo colonnello annuncia il futuro scioglimento della coalizione jihadista (Hts) guidata da Sharaa, in varie regioni siriane continuano a emergere tracce di fosse comuni create dal dissolto regime incarnato per mezzo secolo nella famiglia Assad.
Intanto l'esercito turco e miliziani siriani filo-Ankara proseguono l'assedio sull'enclave curda di Kobane, nel nord del paese a ridosso del confine turco. E Sharaa intensifica gli incontri politici con emissari europei a Damasco. Dopo gli americani, è stato il turno dei britannici, dei francesi e dei tedeschi.
Senza più la sua spartana tuta militare ma con indosso una giacca e una camicia senza cravatta, Sharaa ha ribadito che il suo governo non intende usare la Siria come una base per attaccare Israele, ma ha chiesto ai suoi interlocutori europei che vengano levate le sanzioni occidentali imposte da Washington e da Bruxelles all'inizio della crisi siriana nel 2011. Parlando agli emissari di Londra, Parigi e Berlino dalla stessa sedia dove fino a due settimane fa sedeva l'ex raìs Bashar al Assad nel palazzo presidenziale che domina la capitale, Sharaa ha detto che la sua Siria non vuole "alcun conflitto né con Israele né con nessun altro".
Intanto le truppe israeliane hanno continuato ad avanzare indisturbate nella valle del fiume Yarmuk, al confine tra la regione di Qunaytra e quella di Daraa, prendendo il controllo della località di Saidat al-Jawlan. E questo sotto gli occhi vigili del premier israeliano Benjamin Netanyahu, impegnato in un tour politico-militare sulle pendici orientali del Monte Hermon, occupate da Israele subito dopo la fuga di Assad a Mosca l'8 dicembre scorso. Da Bruxelles, mentre l'Ue si prepara a riaprire l'ambasciata a Damasco, l'Alto rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas, ha risposto positivamente alle aperture del leader jihadista, ex capo di al Qaida in Siria: dobbiamo "iniziare a riflettere su una possibile revisione del nostro regime di sanzioni".
Gli altri temi che scottano sul tavolo di Sharaa e del suo padrino turco sono il contenimento del flusso dei migranti dalla Siria verso l'Europa e la cosiddetta "lotta al terrorismo". Gli emissari francesi hanno chiesto all'ex qaidista di contribuire alla lotta contro i jihadisti dell'Isis. A fianco del presidente Recep Tayyip Erdogan ad Ankara la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dal canto suo annunciato "un ulteriore miliardo di euro per il 2024" in favore della Turchia per la gestione dei rifugiati. Anche perché secondo l'Onu, potrebbero tornare in Siria nel prossimo mese "un milione di siriani".
In quasi 14 anni di guerra siriana, l'Ue ha versato nelle casse di Erdogan circa dieci miliardi di euro perché la Turchia trattenesse nei suoi confini i profughi siriani. La stessa Unione è ora pronta a pagare nuovamente il governo turco perché gestisca il rimpatrio dei siriani nelle zone "liberate" dagli stessi ascari siriani filo-turchi.
A contenere gli entusiasmi sul tema migranti ci ha pensato però la direttrice dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom), Amy Pope, che ha più realisticamente "sconsigliato" un ritorno massiccio dei rifugiati siriani nel loro paese fino a quando non si sarà stabilizzata la situazione. "Le persone hanno il diritto di tornare a casa ma non consigliamo rimpatri su larga scala", le infrastrutture "non potrebbero supportare un simile afflusso", ha detto Pope, che ha invece ricordato come migliaia di siriani sciiti, considerati filo-iraniani, sono fuggiti nel vicino e martoriato Libano per timore di rappresaglie da parte delle bande armate agli ordini di Sharaa.
Usa, estesa tregua tra militanti pro turchi e curdi siriani
E' stata estesa la tregua tra combattenti filo-turchi e curdi siriani nella zona di Manbij: lo ha detto il portavoce del dipartimento di stato usa Matthew Miller.
La tregua è stata estesa fino alla fine della settimana, ha riferito. Washington ha mediato un cessate il fuoco iniziale la scorsa settimana ma era scaduto, ha ricordato Miller, aggiungendo che gli Usa vorrebbero che la tregua fosse estesa il più a lungo possibile. "Continuiamo a impegnarci con le forze Sdf e con la Turchia per trovare una via da seguire", ha detto Miller, aggiungendo che non è nell'interesse di nessuna delle parti vedere un aumento del conflitto in Siria. "Non vogliamo vedere nessuna delle parti approfittare dell'attuale situazione instabile per promuovere i propri interessi ristretti a spese del più ampio interesse nazionale siriano".
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