"La nostra ambasciatrice a Teheran è andata al ministero degli Esteri iraniano, ha incontrato il viceministro degli Esteri, il quale ha detto che ancora non è stato formulato il capo di imputazione, e appena la giustizia iraniana la comunicherà agli Esteri verrà detto per quali motivi è stata arrestata". Lo ha detto il vicepremier Antonio Tajani a Zona Bianca su Rete 4 sul caso di Cecilia Sala. "I tempi sono quelli che sono, ma abbiamo notato una certa disponibilità soprattutto per quello che riguarda il trattamento di Cecilia. Il dialogo è aperto. Stiamo lavorando per riportarla a casa il prima possibile", ha aggiunto.
"Non sono ipotizzabili" tempi di rilascio per Cecilia Sala, "la trattativa è molto delicata, non è facile. Noi facciamo tutto il possibile affinché i tempi siano brevi, però non dipende da noi. La situazione è abbastanza complicata, ecco perché abbiamo chiesto a tutti quanti il massimo riserbo, di non enfatizzare la situazione e di lasciare lavorare chi in questo momento è operativo, la nostra ambasciata e il nostro consolato, perché possa svolgere in modo migliore la propria attività a favore di Cecilia Sala" ha aggiunto Tajani.
"Un cittadino svizzero-iraniano è stato arrestato in Italia non perché ha commesso reati in Italia ma perché c'era un mandato di cattura internazionale emesso dagli Stati Uniti nei confronti di questa persona. Ora la magistratura italiana sta valutando se è possibile o meno l'estradizione" ha anche detto il vicepremier a Zona Bianca. "Comunque il detenuto è trattato come tutti i detenuti in attesa di giudizio. Finché non è condannato definitivamente c'è la presunzione di innocenza. In carcere ha avuto la possibilità di avere una visita consolare, così come è capitato alla Sala, e poi ha avuto la possibilità di telefonare e di ricevere il suo avvocato. E' in condizione di detenuto e può esercitare tutti i diritti che sono di un detenuto", ha sottolineato.
IL PUNTO al 29 dicembre
Battere qualsiasi strada per liberare Cecilia Sala è l'imperativo del governo fin dal suo arresto lo scorso 19 dicembre in Iran, dove da allora è detenuta nel carcere di Evin. È per questo qualsiasi ipotesi viene vagliata, compresa quella di uno scambio triangolare come già avvenuto in diversi altri casi: la liberazione di prigionieri iraniani in altri Paesi, che potrebbero rientrare a Teheran solo dopo la liberazione della reporter romana.
Un'operazione che potrebbe riuscire però solo grazie all'intervento degli Stati Uniti. Intanto l'altro prigioniero coinvolto in questa vicenda, Mohammad Abedini Najafabadi - il cittadino iraniano bloccato il 16 dicembre scorso su ordine della giustizia americana all'aeroporto milanese di Malpensa - fa la sua prima mossa legale: nei primi giorni della prossima settimana il suo avvocato farà istanza per chiedere gli arresti domiciliari.
Il tutto in attesa di nuovi sviluppi nella trattativa segreta che coinvolge Italia, Iran e Usa. Sembra quasi certo che l'arresto di Cecilia Sala (entrata nel Paese con un regolare visto giornalistico) rappresenti una sorta di ritorsione per la cattura italiana di Abedini e nonostante le richieste di Teheran per un suo rientro attraverso uno scambio con la reporter, questa opzione resta al momento bloccata. Le accuse americane contro Abedini sono gravi (cospirazione e supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica): è forte l'esigenza americana di processare il 38enne davanti a una propria corte e Washington ha già consegnato alla Farnesina la documentazione con la richiesta di estradizione.
I tempi per un suo trasferimento non sono brevi, ci vorrà almeno un mese, e di mezzo c'è anche la visita a Roma del presidente statunitense uscente Joe Biden, che incontrerà il Papa in Vaticano il 10 gennaio prossimo. Nulla è scontato in questa vicenda.
Sul fermo di Abedini la Procura milanese ha acceso un faro avviando una indagine a modello 45, ossia senza ipotesi di reato e indagati. Un fascicolo, al momento, di natura conoscitiva e che riguarda le procedure, i tempi ravvicinati tra la emissione del mandato di arresto e il fermo dell'uomo avvenuto nel giro di meno di tre giorni: se il fermo fosse dichiarato illegittimo si complicherebbe la strada dell'estradizione rendendo, di contro, più agevole quella diplomatica per una sorta di scambio con Sala. Sulla liberazione della giornalista si moltiplicano gli appelli e gli Stati Uniti chiedono all'Iran il "rilascio immediato e incondizionato" di tutti i detenuti senza giusta causa, inclusa Cecilia Sala, secondo quanto afferma un portavoce del Dipartimento di Stato a La Repubblica.
"Sfortunatamente il regime iraniano continua a detenere ingiustamente i cittadini di molti Paesi, spesso per utilizzarli come leva politica. Non c'è giustificazione e dovrebbero essere rilasciati immediatamente", ha aggiunto osservando che "i giornalisti svolgono un lavoro fondamentale per informare il pubblico, spesso in condizioni pericolose e devono essere protetti".
Gli Stati Uniti sono "in frequente contatto con gli alleati e i partner i cui cittadini sono ingiustamente detenuti", ha messo in evidenza. In queste ore è intervenuto anche il vice premier Matteo Salvini: "Spero nel ritorno a casa di Cecilia Sala e conto che possa tornare presto dalla sua famiglia", scrive sui social il ministro, mentre a Torino si è tenuto un sit in organizzato dai radicali davanti alla Prefettura, per chiedere al governo italiano di "intervenire con la massima urgenza" per la liberazione della giornalista detenuta in Iran. "L'ultima cosa da fare è stare in silenzio. Non siamo qui contro il governo italiano, ma gli chiediamo di fare l'impossibile".
Sit-in a Torino, 'governo faccia l'impossibile per Cecilia Sala'
Sit-in, questa mattina a Torino, davanti alla Prefettura, per chiedere al governo italiano di "intervenire con la massima urgenza per la liberazione della giornalista Cecilia Sala, detenuta in Iran". Vi ha partecipato una cinquantina di persone, tra cui consiglieri comunali di Torino.
L'iniziativa è stata promossa da Associazione Marco Pannella, Associazione Adelaide Aglietta, Europa Radicale, Italia Liberale e Popolare, +Europa Torino, studenti ed esponenti della campagna Donna Vita Libertà, Associazione Liberi Russi.
FOTO | Le immagini del sit-in
Le dichiarazioni
"Sappiamo che il governo italiano ha chiesto di non manifestare, noi invece disobbediamo, manifestiamo - spiega Igor Boni (Europa Radicale) perché crediamo che quando viene data la notizia che da una settimana una nostra giornalista di un paese democratico che fa informazione viene arrestata senza capo di accusa in un paese dittatoriale come l'Iran l'ultima cosa da fare è stare in silenzio. Non siamo qui contro il governo italiano, ma gli chiediamo di fare l'impossibile" "Siamo in piazza per Cecilia Sala - ha aggiunto Igor Boni - ma abbiamo già manifestato tantissime volte contro il regime teocratico assassino dell'Iran. L'abbiamo fatto per il medico e ricercatore iraniano-svedese Ahmadreza Djalali, che ha lavorato all'Università del Piemonte orientale e che, tornato in Iran, è stato arrestato, accusato di spionaggio e condannato a morte. E' nello stesso carcere dove oggi c'è Cecilia Sala e ci sono dissidenti iraniani e non che lottano contro il regime".
Un altro esponente di Europa Radicale, il consigliere comunale Silvio Viale, ha fatto notare l'eterogeneità della piazza "ci sono rappresentanti di varia provenienza politica. E faccio tutti gli auguri al ministro Tajani perché abbia successo: l'iniziativa diplomatica deve essere forte e non soltanto italiana, ma dell'Europa, al livello più ampio possibile".
VIDEO | Il punto
Il riepilogo
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