Il premier israeliano Benjamin Netanyahu "ignora le leggi internazionali e i diritti umani". Sono parole attribuite a Papa Francesco dall'agenzia iraniana Irna che le ha raccolte dal rettore dell'Università delle Religioni e delle Denominazioni dell'Iran, Abolhassan Navab, che ha incontrato lo stesso Papa Francesco in questi giorni. Parole pesanti che il Vaticano, finora, non ha smentito.
Il Rettore aveva detto: "L'Iran non ha alcun problema con il popolo ebraico, il nostro problema è con assassini come il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu". Quindi il commento attributo dai media iraniani al Pontefice: "Anche noi non abbiamo problemi con gli ebrei; l'unico problema è con Netanyahu che, ignorando le leggi internazionali e i diritti umani, ha creato crisi nella regione e nel mondo". Il Papa ha aggiunto, sempre secondo l'Irna, che le organizzazioni internazionali devono affrontare urgentemente questa questione. "Non c'è nessuno che abbia il diritto di calpestare i diritti umani e limitare la loro libertà. Ma oggi ci sono coloro che vogliono schiavizzare gli esseri umani e l'umanità per raggiungere i propri obiettivi," avrebbe dichiarato ancora il Papa.
La fonte è un nemico storico di Israele ma è evidente che queste parole rischiano di far scattare un nuovo contrasto tra la Santa Sede e Tel Aviv. Dure reazioni del governo israeliano ci sono state di recente sia quando il Papa ha detto che si dovrebbe verificare se a Gaza si stia perpetrando "un genocidio" sia quando il Pontefice, negli auguri natalizi alla Curia e nell'Angelus prima di Natale, aveva espresso il suo dolore per i "bambini mitragliati a Gaza". Il ministero degli Esteri israeliano aveva risposto con una lunga e dura nota accusando Papa Francesco di usare "due pesi e due misure".
Aveva suscitato polemiche con il mondo ebraico anche la kefiah che adornava il presepe nell'Aula Paolo VI, donato da artisti di Betlemme. Quindi era stato deciso di rimuovere bambinello, mangiatoia e kefiah, spiegando che, come prevede la tradizione, il bambino Gesù e posto nel presepe nella notte di Natale. Oggi l'Aula Nervi è stata riaperta per una udienza, dopo i giorni di Natale, e il bambinello appare deposto sulla paglia e non più sul drappo bianco-nero che simboleggia la lotta palestinese. Anche se questa conclusione era stata, in qualche modo, anticipata dalla sala stampa vaticana la quale, nei giorni delle polemiche, aveva precisato che la kefiah era stata aggiunta all'ultimo momento dall'artista betlemita che aveva realizzato il presepe.
Sempre restando nella calda regione del Medio Oriente, oggi arrivano le rassicurazioni ai cristiani dal nuovo leader siriano Abu Mohammed al Jolani. "Non considero i siriani cristiani una minoranza ma una parte integrante e importante della storia del popolo siriano", ha detto al Jolani a padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, che racconta il loro incontro del 31 dicembre a Damasco sulle pagine dell'Osservatore Romano. Jolani ha anche colto l'occasione per esprimere "grande ammirazione, stima e rispetto per Papa Francesco". "E' un vero uomo di pace — ha sottolineato —, ho apprezzato i suoi appelli e le sue azioni a favore della pace e dei popoli in difficoltà".
Nel lungo reportage sul suo viaggio a Damasco, Idlib e Aleppo, il francescano ha poi chiesto a Jolani quale sarà il futuro dei tanti siriani fuggiti dalla guerra, tra cui moltissimi cristiani. "Stiamo lavorando per riportare in patria chi ha dovuto lasciare la Siria. È nostra intenzione — ha risposto al Jolani - riportare i siriani espatriati alle loro case e i cristiani siriani ritorneranno a vivere e a professare la loro fede in Siria".
Il 10 dicembre il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, sarà in Giordania per consacrare una nuova chiesa cattolica, quella dedicata al Battesimo di Gesù. E' evidente che la sua presenza in Medo Oriente potrà essere occasione anche per rinnovare il pressing della diplomazia vaticana per una pacificazione dell'area.
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