Donald Trump casca ancora un volta in piedi ma sarà il primo presidente nella storia americana ad entrare alla Casa Bianca da 'felon', criminale condannato. Dopo settimane di rinvii e tentativi da parte degli avvocati del tycoon di annullare il procedimento coinvolgendo perfino la Corte Suprema, a dieci giorni esatti dall'insediamento è arrivato il verdetto dell'unico caso contro The Donald rimasto, quello per i pagamenti in nero alla pornostar Stormy Daniels per farla tacere sulla loro relazione e non danneggiare così la sua prima campagna per la presidenza.
Nonostante la condanna all'unanimità lo scorso 30 maggio da parte di una giuria di 12 membri di tutti e 34 i capi di imputazione, il giudice di New York ha deciso di non comminare nessuna pena a Trump, né il carcere né una sanzione pecuniaria.
Una scelta difficile, come ha spiegato lo stesso Juan Merchan, definendo il caso "straordinario e paradossale" e ammettendo che la motivazione principale è stata la rielezione del tycoon.
"Sono stati i cittadini di questa nazione a decidere che lei debba godere di protezioni come la clausola di supremazia e l'immunità presidenziale", ha detto il giudice rivolgendosi al presidente eletto che ha assistito all'udienza in video collegamento. "Il cittadino Donald Trump, il criminale Donald Trump non avrebbe goduto delle stesse tutele. E comunque esse non riducono la gravità del crimine, né lo giustificano in alcun modo", ha voluto sottolineare Merchan, che per una condanna del genere avrebbe potuto infliggere fino a quattro anni di carcere.
Per quanto irrilevante in termini di pena, questo procedimento ha una forte valenza simbolica poiché ha formalizzato lo status di criminale del presidente eletto (in America ciò avviene solo dopo la sentenza di condanna e non al momento del verdetto di colpevolezza). E chiude il capitolo dei guai giudiziari di Trump che, a un certo punto, si è trovato ad affrontare quattro accuse penali contemporaneamente: è riuscito comunque a vincere le elezioni di novembre e a far archiviare tutti gli altri casi. Unica nota dolente sul fronte giustizia, il fatto che la Corte Suprema abbia votato contro la richiesta di bloccare la sentenza di condanna perché i due giudici conservatori, John Roberts e Amy Barrett, si sono uniti ai tre liberali Sonia Sotomayor, Elena Kagan e Ketanji Brown Jackson.
Un segnale, forse, che il massimo tribunale americano non ha intenzione di essere una pedina nelle mani del presidente eletto una volta tornato alla guida degli Stati Uniti.
Ad ogni modo l'idea di avere la fedina penale sporca ha mandato su tutte le furie Trump, che non si rassegna a deporre le armi contro i procuratori. "Questo caso è stata una brutta esperienza ed una vergogna per il sistema giudiziario di New York", ha attaccato intervenendo in video all'inizio dell'udienza dalla Florida con l'avvocato Todd Blanche al suo fianco. "E' stata una caccia alle streghe politica per danneggiare la mia reputazione", ha aggiunto, ripetendo uno degli slogan della sua campagna elettorale. "E' stata una farsa spregevole e, ora che è finito, faremo appello contro questa bufala che non merito", ha incalzato subito dopo. Il processo potrebbe richiedere mesi o anni perché il caso andrebbe prima alla divisione d'Appello di Manhattan e poi, in caso di insuccesso, gli avvocati di Trump chiederebbero la revisione alla più alta corte dello stato, la corte d'Appello di Albany.
Tutto questo mentre The Donald sarà ormai 'commander-in-chief'. L'unica opzione che il presidente non avrà disposizione è concedersi la grazia perché l'accusa è stata intentata dallo Stato di New York e non dal governo federale.
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