È un puzzle tutto da ricomporre quello sul pacchetto difesa, uno dei dossier più caldi sul tavolo del vertice dei leader europei in corso a Bruxelles.
Sul piano ReArm, accompagnato dal Libro Bianco, i 27 devono pronunciarsi partendo da posizioni non sempre univoche.
Sul principio di base - rafforzare la difesa blustellata dopo anni di pace - più o meno nessuno è contrario, ma esistono alleanze variabili sui dettagli che potrebbero complicare molto il negoziato.
- I FALCHI DEI FINANZIAMENTI - Il tema più delicato è forse quello degli strumenti per finanziare l'aumento delle capacità di difesa. Un dibattito che vede i Paesi - dai Baltici agli ultimi arrivati in casa Nato, Finlandia e Svezia - in prima linea per costruire "un'Europa sicura, armata e unita contro la minaccia russa", come auspicato dal premier polacco, Donald Tusk. Questi Paesi sono quindi pronti a seguire qualsiasi strada - seppure con sfumature diverse - per finanziare la 'fortezza' Europa abbandonando la frugalità.
- I PRO EUROBOND - Italia, Francia e Grecia guidano il fronte dei Paesi, per lo più del Sud Europa, favorevoli agli eurobond. A questi si contrappone il trio dei Frugali - Olanda, Germania, Austria - a cui si aggiunge l'Ungheria di Viktor Orban, ancora inviperita dal congelamento dei fondi del Pnrr stanziati col Next Generation EU. Un'opposizione granitica estesa anche all'uso del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) suggerito da palazzo Berlaymont
- LE POSIZIONI SUL MADE IN EUROPE - L'altro capitolo spinoso è la clausola fortemente voluta da Parigi. Sul punto la Francia è alquanto isolata dato che i big (Germania, Italia, Polonia, Olanda) sono favorevoli a catene del valore più lasche, per ricomprendere partner come Regno Unito e, soprattutto, Stati Uniti. Ma si ritiene "improbabile" che la Commissione accetterà di modificare la proposta attuale.
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