In una Niamey apparentemente
tranquilla l'atmosfera resta sospesa, perché i venti di guerra
in Niger non si sono placati. Al contrario, appena è scaduto
l'ultimatum dell'Ecowas, i golpisti hanno fatto scattare
l'allerta chiudendo lo spazio aereo e inviando rinforzi alle
frontiere. I leader dei Paesi dell'Africa occidentale, che
minacciano un intervento militare per reintegrare il deposto
presidente Mohamed Bazoum, hanno deciso di incontrarsi di nuovo,
giovedì ad Abuja, per discutere dei prossimi passi, allontanando
almeno di qualche giorno lo spettro dell'escalation. Mentre
l'Europa, che continua a guardare con preoccupazione alla crisi,
con Italia e Germania in testa continua a premere per una
soluzione diplomatica.
Nella capitale nigerina, il giorno dopo la scadenza
dell'ultimatum dell'Ecowas, non è stato registrato alcun
dispiegamento di truppe da parte dei generali che hanno preso il
potere il 26 luglio scorso. Ma una prova di forza è arrivata.
Poco prima della mezzanotte di domenica, l'ora del dead line, i
golpisti hanno chiuso lo spazio aereo "fino a nuovo ordine". Il
blocco è stato deciso perché "la minaccia di intervento dei
Paesi vicini si sta facendo sempre più chiara", è stata la
spiegazione ufficiale, a cui però è seguito un duro
avvertimento: qualsiasi sconfinamento provocherà "una risposta
vigorosa e istantanea". Allo stesso tempo le nuove autorità
militari hanno inviato altre truppe ai confini con Nigeria e
Benin. A Niamey poi sono arrivate due delegazioni di Mali e
Burkina Faso, anch'essi retti da giunte militari, per esprimere
"solidarietà ad un popolo fraterno".
Al momento comunque un intervento militare straniero non
appare immediato.
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