Il Tribunale Supremo Federale (Stj)
del Brasile - il più alto grado di giustizia nel paese
sudamericano - ha fissato per il 20 marzo l'udienza in cui sarà
deciso se l'ex calciatore della nazionale brasiliana e del
Milan, Robson de Sousa detto Robinho, sconterà nel suo Paese la
condanna a nove anni per stupro comminata dal tribunale di
Milano.
Dopo aver rigettato diversi ricorsi presentati della difesa
dell'atleta, è prevista dunque la conclusione del procedimento
in corso dal 2023 per l'omologazione della sentenza. Il processo
è stato avviato presso il Tribunale superiore di giustizia (Stj)
- equivalente per prerogative alla Corte di Cassazione italiana
- a seguito della richiesta inviata dal ministero della
Giustizia italiano. In un parere fornito all'Stj la procura
federale del Brasile (Mpf) dà ragione alle istituzioni italiane
sostenendo che la sentenza deve essere omologata dalle
istituzioni del Brasile e l'atleta deve scontare la pena nel suo
Paese. Per la procura infatti "tutti i requisiti legali e
procedurali adottati dal Brasile in materia di trasferimento
delle esecuzioni penali dall'Italia sono stati soddisfatti. Tale
procedura e rispetta sia la Costituzione federale che l'impegno
del Paese nella repressione della criminalità e nella
cooperazione giudiziaria".
L'atleta, condannato in via definitiva in Italia per lo
stupro di gruppo di una donna avvenuto nel 2013, è libero nel
suo Paese che - come da prassi diplomatica - non concede
l'estradizione di cittadini brasiliani verso altri Paesi.
Qualora il tribunale brasiliano non dovesse esprimersi a favore
dell'omologazione, Robinho rimarrebbe in libertà a meno che non
decida di tornare in Italia per pagare il suo conto con la
giustizia.
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