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'I popoli indigeni cruciali per la sfida sul clima'

'I popoli indigeni cruciali per la sfida sul clima'

La ministra brasiliana Guajajara, 'custodiscono la biodiversità'

ROMA, 16 marzo 2024, 21:55

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

(di Fabio Govoni) "Nel mondo l'85% della biodiversità è abitata ed è sotto la responsabilità dei popoli indigeni, che sono solo il 5% dell'umanità. Dove ci sono i popoli indigeni l'acqua è pulita e le foreste sono ancora in piedi e c'è quindi bisogno della loro presenza. Il loro sapere tradizionale è l'unico che al momento ci offre la chiave per affrontare la crisi climatica": afferma in un'intervista all'ANSA Sonia Guajajara, la ministra brasiliana per le Popolazioni indigene, scelta dal presidente Lula come voce dell'Amazzonia e dei suoi popoli tradizionali.
    Con in testa il cocar, il tradizionale copricapo indigeno con le penne, Guajajara - il cui cognome è anche il nome del suo popolo, che occupa una porzione della foresta nello stato nord-occidentale del Maranhão -concede l'intervista nei saloni rinascimentali dell'ambasciata del Brasile a Roma, in Palazzo Pamphilj a piazza Navona. Ieri ha avuto un'udienza con papa Francesco, a margine di un seminario organizzato dall'Accademia pontificia di Scienze e a quella di Scienze sociali, sulle culture tradizionali e il loro confronto con la scienza moderna, con la presenza di leader indigeni, accademici ed ecclesiastici.
    "Per noi il Papa è molto importante proprio per la forza con cui si esprime sui temi di attualità. Il suo essere dalla parte dell'ambiente e dei popoli indigeni dà forza alla lotta per la loro sopravvivenza e i loro diritti". E contribuisce a "rendere più cosciente tutta l'umanità sull'importanza di questi temi nella lotta alla povertà, alla violenza, sulla crisi climatica e quella umanitaria e anche sulla necessità di cambiare urgentemente il sistema alimentare", spiega Guajajara.
    In Brasile 1,7 milioni di indigeni vivono in un territorio enorme come l'Amazzonia. Il resto del mondo è sovraffollato.
    Come si può estendere questo principio al resto dell'umanità? "Si tratta - risponde la ministra - di modi di vedere differenti. Non si può paragonare la cultura di chi vive in città con quella di chi vive nella foresta. Quando diciamo che gli indigeni vengono minacciati, lo è anche la biodiversità. E se la biodiversità è minacciata, tutta l'umanità è a rischio.
    Oggi bisogna che l'umanità sia più cosciente del fatto che è importante garantire il territorio degli indigeni e la sua demarcazione come una delle ultime soluzioni per poter contenere la crisi climatica. E' ovvio - prosegue Guajajara - abbiamo molte terre in Brasile, ma sono mal distribuite. Il Brasile deve regolarizzare questi territori e decentralizzare l'uso della terra. Attualmente, infatti, abbiamo il 13% del territorio nazionale riconosciuto come terra indigena, allo stesso tempo però il 46% delle terre nel mio Paese è in mano alla proprietà privata. La biodiversità dipende da quel 13%. Nel rivendicare l'usufrutto di questa terra, i popoli tradizionali stanno offrendo un beneficio all'umanità intera, garantendo che gli alberi non vengano abbattuti, che non ci sia l'azione dei 'garimpeiros', i minatori illegali che distruggono il territorio". Minacce, queste, che non sono venute meno con il governo Lula perché al Congresso, entrambe le camere sono in mano a una maggioranza conservatrice, più forte che durante la presidenza Bolsonaro. Una maggioranza su cui la lobby che difende gli interessi delle compagnie minerarie, ma soprattutto dell'agricoltura intensiva. Nel 2025 il Brasile ospiterà la conferenza sul clima Cop 30 a Belém, nel cuore della foresta amazzonica: "E' arrivato il momento che l'Amazzonia parli al mondo, invece che il mondo parli all'Amazzonia, dicendo cosa deve si deve e non si deve fare", dice Guajajara nel congedarsi, spiegando che il cocar dalle piume multicolori "marca la nostra identità, nella vita quotidiana come durante gli eventi importanti, dando forza alla nostra presenza e alle nostra parola".
   

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