(di Fabio Govoni)
"Nel mondo l'85% della biodiversità è
abitata ed è sotto la responsabilità dei popoli indigeni, che
sono solo il 5% dell'umanità. Dove ci sono i popoli indigeni
l'acqua è pulita e le foreste sono ancora in piedi e c'è quindi
bisogno della loro presenza. Il loro sapere tradizionale è
l'unico che al momento ci offre la chiave per affrontare la
crisi climatica": afferma in un'intervista all'ANSA Sonia
Guajajara, la ministra brasiliana per le Popolazioni indigene,
scelta dal presidente Lula come voce dell'Amazzonia e dei suoi
popoli tradizionali.
Con in testa il cocar, il tradizionale copricapo indigeno con
le penne, Guajajara - il cui cognome è anche il nome del suo
popolo, che occupa una porzione della foresta nello stato
nord-occidentale del Maranhão -concede l'intervista nei saloni
rinascimentali dell'ambasciata del Brasile a Roma, in Palazzo
Pamphilj a piazza Navona. Ieri ha avuto un'udienza con papa
Francesco, a margine di un seminario organizzato dall'Accademia
pontificia di Scienze e a quella di Scienze sociali, sulle
culture tradizionali e il loro confronto con la scienza moderna,
con la presenza di leader indigeni, accademici ed ecclesiastici.
"Per noi il Papa è molto importante proprio per la forza con
cui si esprime sui temi di attualità. Il suo essere dalla parte
dell'ambiente e dei popoli indigeni dà forza alla lotta per la
loro sopravvivenza e i loro diritti". E contribuisce a "rendere
più cosciente tutta l'umanità sull'importanza di questi temi
nella lotta alla povertà, alla violenza, sulla crisi climatica e
quella umanitaria e anche sulla necessità di cambiare
urgentemente il sistema alimentare", spiega Guajajara.
In Brasile 1,7 milioni di indigeni vivono in un territorio
enorme come l'Amazzonia. Il resto del mondo è sovraffollato.
Come si può estendere questo principio al resto dell'umanità?
"Si tratta - risponde la ministra - di modi di vedere
differenti. Non si può paragonare la cultura di chi vive in
città con quella di chi vive nella foresta. Quando diciamo che
gli indigeni vengono minacciati, lo è anche la biodiversità. E
se la biodiversità è minacciata, tutta l'umanità è a rischio.
Oggi bisogna che l'umanità sia più cosciente del fatto che è
importante garantire il territorio degli indigeni e la sua
demarcazione come una delle ultime soluzioni per poter contenere
la crisi climatica. E' ovvio - prosegue Guajajara - abbiamo
molte terre in Brasile, ma sono mal distribuite. Il Brasile deve
regolarizzare questi territori e decentralizzare l'uso della
terra. Attualmente, infatti, abbiamo il 13% del territorio
nazionale riconosciuto come terra indigena, allo stesso tempo
però il 46% delle terre nel mio Paese è in mano alla proprietà
privata. La biodiversità dipende da quel 13%. Nel rivendicare
l'usufrutto di questa terra, i popoli tradizionali stanno
offrendo un beneficio all'umanità intera, garantendo che gli
alberi non vengano abbattuti, che non ci sia l'azione dei
'garimpeiros', i minatori illegali che distruggono il
territorio". Minacce, queste, che non sono venute meno con il
governo Lula perché al Congresso, entrambe le camere sono in
mano a una maggioranza conservatrice, più forte che durante la
presidenza Bolsonaro. Una maggioranza su cui la lobby che
difende gli interessi delle compagnie minerarie, ma soprattutto
dell'agricoltura intensiva.
Nel 2025 il Brasile ospiterà la conferenza sul clima Cop 30 a
Belém, nel cuore della foresta amazzonica: "E' arrivato il
momento che l'Amazzonia parli al mondo, invece che il mondo
parli all'Amazzonia, dicendo cosa deve si deve e non si deve
fare", dice Guajajara nel congedarsi, spiegando che il cocar
dalle piume multicolori "marca la nostra identità, nella vita
quotidiana come durante gli eventi importanti, dando forza alla
nostra presenza e alle nostra parola".
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