Il governo di Nicolas Maduro
"respinge con forza il processo di esproprio delle autorità Usa"
del gioiello petrolifero venezuelano Citgo, con sede a Houston,
affermando che la procedura giudiziaria di vendita forzata è
"chiaramente contraria alla legge", definendola "un furto", e
avvertendo che "non ne riconoscerà" il risultato. Le
dichiarazioni arrivano mentre l'asta giudiziaria senza
precedenti, per pagare 21,3 miliardi di dollari derivanti da
espropri, debiti e inadempienze di Caracas, è entrata nella sua
fase finale.
"Citgo - lamentano le autorità venezuelane in una nota
pubblicata su X - è un importante asset strategico della
compagnia petrolifera nazionale Pdvsa. La sua vendita forzata
costituisce un nuovo episodio della multiforme aggressione
portata avanti dagli Stati Uniti contro il Venezuela".
Il termine ultimo per la presentazione delle offerte per
Citgo è scaduto la settimana scorsa, e la vendita dovrebbe
essere completata il mese prossimo. Sette anni fa la società
mineraria Crystallex aveva introdotto in un tribunale del
Delaware la causa che ha portato alla vendita di Citgo, aprendo
un precedente nell'applicazione dei lodi arbitrali
internazionali, e incrinando l'immunità sovrana.
Questo mese, anche i rappresentanti dell'opposizione politica
venezuelana hanno chiesto al Congresso di sospendere l'asta per
60 giorni, fino al completamento delle elezioni presidenziali
del 28 luglio.
Citgo opera sotto la protezione degli Stati Uniti dal 2019,
quando ha interrotto i legami con la società madre, la compagnia
petrolifera statale venezuelana Pdvsa. Le sue tre raffinerie
lavorano fino a 807mila barili di petrolio al giorno e l'azienda
ha generato 5,26 miliardi di dollari di utili netti combinati
negli ultimi nove trimestri.
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